Il 5% dei fondi per la ricostruzione destinato alla ripresa economica e produttiva dopo il sisma del 6 aprile 2009, resta una roba per pochi. I primi 100milioni di euro li ha ingurgitati il polo farmaceutico, d’innovazione e la ricerca industriale che ha voluto farci rientrare perfino i call center, quindi una serie di progettualità che i giovani del cratere avrebbero dovuto inventare come necessariamente innovative, il che ha prodotto pochissimi progetti e i milioni che avanzano andranno di nuovo all’industria, dimenticando un tessuto economico fatto per lo più di piccole realtà. C’è ancora la possibilità di fare progetti sull’agroalimentare e sul turismo, sul recupero dei borghi per alberghi diffusi, anche se la lentezza nella ricostruzione rallenterà l’opportunità, e comunque riservati ufficiosamente solo al cratere, non si sa bene sulla base di quali spartizioni. Quando la Legge Barca definì questa percentuale, le decisioni sulla scelta degli assi di finanziamento strategici furono dirottate a Roma, in capo ad un comitato pletorico che peraltro s’è riunito pochissimo, e che decise senza conoscere l’Abruzzo, la necessità di vederci per forza tutti innovativi, per forza tutti smart, con il conseguente flop per cui proprio quei fondi li ingurgiterà ancora l’industria: ma quale? Accord Phoenix, è un’azienda che dovrebbe insediarsi nel vecchio polo elettronico senza credibilità finanziaria e produttiva, tanto che l’istruttoria resta appesa ad Invitalia, eppure gli daranno 12milioni di euro da togliere a quel primo 5%. C’è ancora il Gran Sasso, sul quale il Sindaco Cialente sbandiera altri 40milioni di euro, che avrebbe contrattato lui stesso in sedi romane, ma è difficile distinguere la verità vera dalla propaganda. Arriviamo quindi agli attuali 300milioni del prossimo 5% che farà parte della nuova Legge per la ricostruzione che tuttavia continua a mettere da parte il territorio e le sue vocazioni. Prima era Roma, oggi sono pezzi di potere locale che hanno ascolto a Roma e che nelle segrete stanze stanno decidendo chi foraggiare. Dai poli, alle clientele, passando per i fossili delle vecchie istituzioni culturali, già finanziate col Fondo Unico per lo Spettacolo, recidendo ogni aspirazione legittima di chiunque voglia fare progetti per inventare lavoro e futuro.