Due forti scosse di terremoto, di magnitudo 5.4 e 5.9, sono state registrate ieri nelle Marche, a due ore l’una dall’altra, con epicentri a Castelsantangelo sul Nera, sui Monti Sibillini, in provincia di Macerata, e a Ussita nelle Marche, continuano le repliche. Il sindaco di Ussita, Marco Rinaldi, ha riferito di una situazione apocalittica. Sarebbero due tremila gli sfollati, sono in corso verifiche sull’intero tessuto edilizio di Marche, Umbria e Abruzzo e scuole chiuse in molte città, come pure le Università di Teramo e L’Aquila, crolli anche nelle frazioni di Amatrice. Vittima un anziano, morto per un infarto. Crolli diffusi e danni gravi al patrimonio culturale. Crolli nella chiesa della Madonna delle Grazie a Norcia ed è venuta giù una facciata, preoccupante nelle Marche la situazione a Camerino, dove il campanile è crollato su una palazzina, nella foto, mentre la sede dell’antica università risulta gravemente danneggiata. Al lavoro decine di Vigili del Fuoco e uomini della Protezione civile, da subito attiva la macchina del volontariato. La forte scossa di terremoto percepita nell’Italia centrale rientra purtroppo, in una dinamica possibile quando si verificano fenomeni come quello che ha avuto il suo momento di più tragico impatto lo scorso 24 agosto. Un’ipotesi, se verranno confermate le prime informazioni, è che si tratti dell’attivazione di una nuova faglia, probabilmente legata verso Nord, a quella che ha generato la scossa dello scorso agosto, ha dichiarato Paolo Messina, direttore dell’Igag Cnr, Istituto di geologia ambientale e geoingegneria del Consiglio nazionale delle ricerche, in merito alla nuova scossa. Crolli importanti dunque, sulle architetture riqualificate con i fondi del post sisma di Umbria e Marche del 1997, torna pressante il problema della prevenzione, della sicurezza e anche della qualità della ricostruzione post sisma del patrimonio edilizio e scolastico in cui viviamo. L’Italia deve convivere con i terremoti e mettere in sicurezza i propri edifici, il problema è che non sarà messa mano pubblica ai centri montani e alle città insediate lungo gli Appennini, a meno di un evento distruttivo che lo Stato ovviamente non può ignorare.