Qualche anno fa riportavo i dati di Trasparency International, che su corruzione e trasparenza ponevano l’Italia dopo il Ghana ed Ruanda. Siamo messi male e non ci muoviamo da quelle posizioni. E’ evidentemente il segreto, scriveva L’Espresso, la miglior arma della peggior politica, perché può scegliere quali atti non rendere pubblici e farli rimanere nel cassetto. Il 3 marzo 2017 avevo chiesto con istanza di accesso civico al Comune dell’Aquila, l’elenco dei manufatti temporanei insistenti sul territorio e quelli abusivi, rilevati ai sensi della delibera di Consiglio comunale 58/2009, l’elenco delle ordinanze di demolizione degli eventuali abusi e le ragioni per cui nel termine previsto di 90 giorni tali ordinanze non fossero state eseguite. Ed ancora i rilievi effettuati su manufatti posti in zone a rischio sismico e di dissesto idrogeologico e l’atto politico, qualora fosse esistito, con cui l’amministrazione attiva avesse prorogato la possibilità di mantenere i manufatti temporanei ad uso abitativo nel caso in cui l’abitazione principale fosse tornata agibile ai sensi delle normative ed ordinanze in vigore dal 6 aprile 2009. Mi appellavo al decreto legislativo n. 33 del 2013, articolo 5, e al decreto legislativo n. 97 del 2016. Il 15 marzo 2017 l’amministrazione comunale ha risposto con un differimento dei termini di 25 giorni, scadenza il 2 maggio al massimo, ma non ne ho saputo più nulla. Per loro la richiesta era piuttosto consistente; non era detto che fossero obbligati a mostrami tutto, poi la carenza di personale, l’eventuale necessità di comunicazione ai controinteressati e comunque, secondo loro, da un primo esame, non tutta la documentazione contenuta nell’istanza appare oggetto di pubblicazione obbligatoria. Eppure l’art.5, al comma 2, per promuovere la partecipazione al dibattito pubblico, stabilisce che chiunque ha diritto di accedere ai dati e ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, anche ulteriori, rispetto a quelli oggetto di pubblicazione ai sensi del decreto stesso. Chiunque ha diritto di accesso. In Italia è peggio del Ghana e del Ruanda, L’Aquila non pervenuta, ma andremo avanti.