Giorgio Caproni all’esame di maturità. Intanto farei un giro tra tutti i professori di lettere d’Italia per vedere quanti di loro sappiano davvero chi fosse Giorgio Caproni. Un poeta contemporaneo e da domani ne ristamperanno, di copie della sua poetica, tanti saranno quelli che oggi, sentito il nome, non potranno far a meno di un’infarinata! Di Livorno, poeta e critico, incredibile la corsa di chi cerca di convincerci subito di sapere chi fosse. Io non lo sapevo, non l’ho mai letto e a scuola non l’ho mai studiato, già la traccia di oggi, Versicoli quasi ecologici, ad un ragazzo teso che prevede un Pirandello o un D’Annunzio, può prendergli davvero male. Se poi ha pensato a Pirandello o a D’Annunzio come il massimo del contemporaneo che potesse uscire vuol dire che oltre non lo hanno fatto andare, vuol dire che la didattica della nozione secca da studiare tal quale non è stata superata e se si passano cinque anni a pressare i ragazzi sulla memoria, su Pirandello e D’Annunzio senza mai arrivare a fare la seconda guerra mondiale con la Resistenza, fin dai tempi miei è ancor oggi un problema, e senza coltivare in loro autonomia e spirito critico, c’è poco da sfidare con Caproni. E tornando alla comprensione del testo, tra un lamantino e un galagone, mi chiedo come possa un maturando abituato a ripetere solo concetti senza l’esercizio del libero pensiero e dell’analisi indipendente di un verso qualsiasi, senza questo insegnamento fondamentale per la vita, fronteggiare uno sconosciuto ostico come Caproni. La maturità dovrebbe significare autonomia, la scuola italiana non è attrezzata e non prepara i ragazzi a spendere fuori ciò che imparano in aula, nonostante siano queste le innovazioni sulla formazione più sentite dall’Ue. Siamo conservatori di brutto, non riusciamo ad insegnare il saper essere ed il sapere fare oltre al sapere, a superare la teoria per fare in modo che sia messa in pratica, gli diamo però Caproni come sfida, ma per favore va.