Non so quale esempio di buona ricostruzione il capoluogo d’Abruzzo possa portare ed infatti in questo momento delicato per il Molise, L’Aquila non porta buone pratiche di prevenzione, di ricostruzione sicura e di qualità, e di non ricostruzione su zone a rischio sismico ed idrogeologico e su cavità, perché stiamo facendo come nulla fosse stato e comunque tutto resta concentrato nelle scelte del privato che può privilegiare pavimenti e persiane, piuttosto che il massimo della sicurezza antisismica. E’ così. A Campobasso dove da giorni insiste uno sciame sismico, sono stati fatti i sopralluoghi nelle scuole, molti ragazzi ancora non rientrano, hanno paura, non si fidano. Il sisma del 6 aprile non ha favorito nessuna norma che obblighi indagini geologiche del sottosuolo, prima di costruire edifici pubblici e privati, pensiamo ai crolli di oggi a Roma, mentre le speculazioni edilizie degli ultimi decenni non garantiscono la sicurezza delle costruzioni. L’Italia non è ferrata sulla prevenzione antisismica e sottovaluta regole stringenti per le architetture che verranno o dovranno essere riqualificate, proprio in questi giorni Massimiliano Fuksas, ha scritto su L’Espresso che spera sia la volta buona perché se ne cominci a parlare. Il terremoto del 2002 nel Molise lascia dopo quattordici anni i ragazzi nei prefabbricati ed è la fine che farà L’Aquila nei musp, i moduli provvisori che non hanno una durata eterna, ma così andrà, i fondi per ricostruire le scuole vere sono però disponibili da anni, senza progetti esecutivi e senza un’idea della città che verrà, così da posizionare strategicamente le strutture perché è da lì che rinasce una comunità. Un sindacalista molisano ha denunciato che sono state fatte scuole belle e sicure, ma restano deserte perché costruite in zone disabitate: faremo la stessa fine? Amministrazioni intorno a Campobasso hanno piani di Protezione civili vecchi, quando ce l’hanno, mentre le esercitazioni vere non si fanno mai. L’Aquila non può portare neanche in questo caso un buon esempio, perché un piano di Protezione civile vero non c’è, conosciamo i luoghi aperti dove ritrovarci se accadesse una nuova catastrofe, ma chi sa come andrebbe a finire una volta ammassati.