Massimo Cialente e la sua Giunta, insieme alla maggioranza, pensavano di aver fatto il proprio dovere a seguito degli arresti per tangenti sugli appalti post sisma, portando alle dimissioni il vice sindaco e sospendendo dall’incarico dirigenziale, il funzionario comunale denunciato perché avrebbe falsificato atti pubblici, ma la doccia gelata è arrivata con la presa di posizione del ministro Trigilia, a capo della Coesione territoriale e responsabile della ricostruzione in Abruzzo, per conto del Governo. Perché Trigilia pare aver colto la bufera giudiziaria per far sapere all’Aquila, attraverso i media nazionali, che non gli girerà più un soldo, nel frattempo anche la notizia della cognata del sindaco, che ha fatto bingo con Fintecna Immobiliare, spa di Stato, ha fatto il giro delle redazioni del Paese e Massimo Cialente, da Sindaco disperato di una città ancora da rifare e abbandonata a se stessa, è diventato uno che a fronte della bufera in atto, e delle inevitabili responsabilità politiche che accompagnano gli arresti, non può certo continuare a ricoprire la carica di primo cittadino, che può andare a Roma a chiedere soldi. A chiedere soldi quando tutti sanno che la cognata, pur permettendoglielo la legge, anzi una strana ordinanza valida solo quattro mesi, per una casa distrutta dal terremoto ha avuto il mutuo saldato da Fintecna per 180mila euro, ed una piccola differenza in liquidi, ed ha avuto anche 400mila euro circa, per acquistare una nuova casa. Una casa del valore di circa 600mila euro, per cui la signora ha fatto causa al Comune, per avere la somma per intero, senza che ad essa fosse scalcolato il mutuo, che peraltro non ha mai saldato. La causa è ancora pendente, ma su Cialente monta lo scandalo e a poche ore dagli arresti aquilani, comincia a farsi strada l’idea che forse è il caso che si dimetta. Il problema diventerebbe la credibilità della città a Roma, già Trigilia pare abbia sfiduciato il Sindaco, in più la questione allucinante della cognata, a difesa della quale ha fatto subito diramare una nota, dall’avvocatura, con cui spiega che è tutto legittimo.