Atti persecutori, violenze, estorsioni, detenzione e cessione di sostanze stupefacenti, risse. Questa mattina all’alba 6 persone sono finite in carcere e 7 in comunità, un’operazione congiunta tra i Carabinieri del comando provinciale e la Squadra mobile della polizia dell’Aquila, in esecuzione delle misure restrittive ordinate dal gip del tribunale dei minori.
Una complessa attività di indagine per oltre 30 indagati minorenni e neomaggiorenni, accusati di una serie di violenze consumate nel territorio aquilano e nel centro storico del capoluogo di Regione nel corso degli ultimi mesi, l’ultimo recentissimo a Santa Maria Paganica, anche contro le forze dell’ordine, ha destato un preoccupante e crescente allarme sociale nella comunità.
Gli organi di polizia giudiziaria hanno operato in stretta sinergia, intercettazioni e videoriprese hanno fatto emergere nel corso delle indagini, uno spaccato sociale estremamente delicato e dai risvolti, in prospettiva, sicuramente criminali.
Dunque i fermi e gli interventi repressivi, che tuttavia per gli inquirenti, pur nell’urgenza di dover procedere, non dovranno essere che l’inizio di un’azione preventiva e di riabilitazione/reinserimento dei minori coinvolti.
Presenti in conferenza stampa al comando provinciale dei Carabinieri dell’Aquila, il procuratore del Tribunale per i minori dell’Aquila, David Mancini, il colonnello Nicola Mirante, comandante dei carabinieri della provincia dell’Aquila, il questore Enrico De Simone e diversi appartenenti alle forze dell’ordine che a vario titolo hanno partecipato alle indagini.
I soggetti raggiunti dalle ordinanze cautelari, sono accusati di aver promosso e condotto attività dirette a creare forme di predominio su altri coetanei, di controllo di porzioni di aree urbane, di smercio professionale di sostanze stupefacenti in zone sensibili, in prossimità di scuole, di scontro con altri gruppi antagonisti di minori in diverse zone centrali del capoluogo.
La nazionalità degli indagati è varia, Paesi balcanici, nordafricani e Italia, a conferma che il disagio e la devianza minorile non hanno necessariamente una specifica origine geografica, hanno tenuto a sottolineare nel corso della conferenza stampa. A soggetti ospitati all’interno di comunità di accoglienza (sfuggevoli alle regole comunitarie) si affiancano cittadini italiani o comunque residenti con le famiglie di appartenenza.
Anche se l’azione repressiva di magistratura e forze dell’ordine è stata puntuale ed esaustiva, trattandosi di minori e neomaggiorenni, si impone l’esigenza di lavorare insieme agli enti preposti e alla società civile per creare le condizioni di aiuto e prevenzione delle forme di disagio che generano questi fenomeni criminali, riguardino essi minori italiani, stranieri o stranieri non accompagnati.
Questo, il senso della giustizia minorile. La repressione è intervenuta per evitare conseguenze estreme e più gravi, ma l’obiettivo primario, dovrà essere il reinserimento dei giovani nel circuito sano della società.