Oltre all’auditorium di Renzo Piano e a quello di Shigeru Ban per il Conservatorio Casella, anche la chiesa di San Bernardino, quella finta a Piazza D’Armi, realizzata grazie all’interessamento e al contributo di Guido Bertolaso che la impose agli aquilani su pressione di padre Quirino Salomone, anche il progetto di quella chiesa, porta la firma di un architetto di fama. Una chiesa a tempo, massimo qualche anno dopodiché avrebbe dovuto essere tolta, anzi, nel progetto di riqualificazione di Piazza d’Armi vinto da uno studio di progettisti, dovranno dire come riutilizzare quelle strutture o al contrario, quanto costerà toglierle. Questo ha previsto l’amministrazione aquilana, che non ha mai digerito quella struttura piazzata lì ed ancor oggi abbrutita, da una serie di container arrugginiti aggiunti e nessun ispettore urbanistico ad accertare e punire l’abuso. Siamo quindi al paradosso, vogliamo togliere una struttura comunque ben progettata, senza pensare ad un riutilizzo, anzi, il riutilizzo lo scarichiamo addosso a progettisti estranei, aggiudicatari del concorso d’idee per riqualificare l’area e così, ancora un volta, gli amministratori riescono a lavarsi le mani. Delle strutture donate da architetti contemporanei di fama, non provano nemmeno a farne percorsi culturali di richiamo o semplicemente didattici, per una città conservata nella propria storia, ma innovata con progetti architettonici rivoluzionari. Il che vorrebbe dire armonia, studio delle forme e delle epoche, per comprendere come innestare il contemporaneo di pregio, sul medievale e l’antico. Una cura che gli amministratori locali non possiedono, e non gli importa, chiunque crede di poter fare la storia del terremoto del 2009, senza cultura, senza idee, senza gusto solo col potere di gestire miliardi.