26 Gen 21

40mila stazioni appaltanti, tutto fermo

Una delle più grosse cancrene del nostro Paese è la burocrazia, ma senza accelerare i processi, senza spingere sulle infrastrutture e su tutte quelle opere pubbliche che dovrebbero modernizzare l’Italia, con la crisi pandemica, affonderemo.

A leggere l’inchiesta de IlSole24ore il Codice degli appalti è stato rivisto tre volte, negli ultimi tre anni e mezzo, ma ancora mancano tutti i provvedimenti attuativi. Manca un Regolamento unico che dal 2019 avrebbe dovuto sostituire le linee guida dell’Anticorruzione, la riduzione delle 40mila stazioni appaltanti, la digitalizzazione di tutte le procedure e banche dati accessibili ovunque, ed ancora procedure ordinarie semplificate a cominciare dalle autorizzazioni archeologiche e ambientali.

Possiamo andare avanti così? Come mai è tutto così difficile? Cos’è che blocca le riforme?

Il Codice degli appalti prevedeva 62 provvedimenti attuativi, sessantadue abbiamo capito bene, ma solo la metà avrebbe visto la luce, quale luce?, l’attuazione fa mezzo passo avanti e tre indietro, scrive ilSole24ore, di volta in volta si cercano capri espiatori ma il disegno non avanza anzi si contorce.

E quanto paghiamo noi questo groviglio di nulla con la ricostruzione post sisma delle scuole, delle chiese, degli edifici pubblici e della più grande infrastruttura sotterranea qual è quella dei sottoservizi all’Aquila? Quanti danni abbiamo avuto/abbiamo/avremo da tutto ciò?

Secondo la ricostruzione del quotidiano economico, in tre anni e mezzo sul Codice degli appalti si sono abbattute 547 modifiche con 28 nuovi provvedimenti normativi. Tre leggi di modifica che lo hanno affogato e cioè 441 correzioni del decreto correttivo del Governo Gentiloni nel 2017, poi le 51 modifiche dello Sbloccantieri del Conte 1, con i 22 decreti previsti, quindi il decreto Semplificazioni del Conte 2, luglio 2020, con il colpo finale di 21 successive modifiche, qualche luce per tentare di semplificare anche i permessi, ma nulla di concreto, nonostante l’urgenza in vista del Recovery plan per la ripresa post pandemia. Una foresta secolare di ingarbugliamenti che ci sta strozzando.

L’Associazione dei costruttori denuncia 500 provvedimenti normativi per il settore dal 1994, otto provvedimenti l’anno negli anni novanta e quasi 30 nell’ultimo decennio, ma nessun disegno capace di arrivare fino in fondo.

Ecco quindi i commissari, già previsti nel decreto Semplificazioni, con loro le deroghe, le scelte poco trasparenti, le contabilità speciali, le ombre e con le ombre le Procure e con le Procure probabili altri blocchi, ma dove continuiamo ad andare se non alla deriva? Un Paese dove i commissari, almeno a leggere i nomi inoltrati al Parlamento, vengono proprio da quei mondi che alla cappa hanno contribuito. Una lista di nomi frutto di rimpalli e di accordicchi, di accelerate incredibili, con la crisi innestata da Italia viva, e chi sa quando saranno operativi, sempre che si accorderanno sui compensi, che l’iter parlamentare andrà liscio e anche le intese con le Regioni.

Intanto nessuno mette mano ai limiti dei sub appalti, nonostante le bocciature Ue, e meno male che non sono mai nate né la Centrale di progettazione pubblica e né Italia Infrastrutture spa, idee per accelerare, in pratica i soliti carrozzoni.

Ai tempi dell’Expo almeno c’era Raffaele Cantone a garantire trasparenza e legalità, oggi l’Anac è indebolita. Siamo a rischio di una nuova Tangentopoli? Sono in molti a temerla, tante le deroghe e la scarsa trasparenza, eppure siamo ancora costretti a dannosi teatrini immondi.