26 Gen 18

A Frattura, Anna scrive e documenta

Chiara Carovani, ha raccontato in un pezzo l’esperienza di Anna Rizzo, archeoantropologa, a Frattura, paese dell’Abruzzo interno ai confini del Parco Nazionale d’Abruzzo tra le Gole del Sagittario, dove Anna, dal 2009, passa sei mesi l’anno per capire come una popolazione sia sopravvissuta a terremoti, migrazioni e spopolamento, fondandosi su un’economia femminile dopo che i mariti sono partiti per il sud America in cerca di lavoro e fortuna durante la seconda migrazione. Vive a Bologna, palermitana, si occupa di strategie  territoriali per le aree interne a forte spopolamento, racconta la Carovani, vive tra la gente cerca di comprenderne le radici per capire come agganciare un futuro possibile. Scrive per documentare sulla sua rivista Against Storytelling su Flipboard dove racconta di borghi autentici, mondi rurali, ritorno al territorio, paesologia ed ha pensato anche una community, Il Fagiolo Bianco di Frattura, peraltro su fb, per promuovere questa eccellenza, da poco, nell’arca del gusto di Slow Food. Anna vive davvero tra capre ed orsi, lavora con Mario e pascola pecore, nei sei mesi in cui vive nel villaggio di 20 anime di Frattura non sapevo che mi avrebbe cambiato la vita, dice. Tutto nasce nel 2009 dopo il terremoto dell’Aquila quando è partita con alcuni ricercatori dell’Università di Bologna per indagare gli spopolamenti delle aree interne, da allora ci torna sempre. Il fulcro del mio lavoro è parlare con le persone e farmi raccontare ricordi, leggende e tradizioni. Individuare informazioni legate ai toponimi anche con l’aiuto delle vecchie foto dei pochi residenti rimasti ai siti storici e ai reperti emersi durante il pascolo o le arature. Tutto è iniziato al lavatoio, l’agorà di Frattura, avevamo bisogno di fare il bucato con l’equipe, ci siamo avvicinati e da quel momento sono entrata nella loro comunità. Anna non ha paura, dorme nella vecchia scuola di Frattura, da giorni mi prude la schiena e non so perché racconta ancora alla Carovani sta arrivando il veterinario del Parco per mettere il microchip ai cani dei pastori, ne approfitto. Mi dice che ho la trombicula, l’acaro della mietitura. Rido, per fortuna sono scout e so che stando allegri le soluzioni arrivano più facilmente. Vorrei trovarne anche per le persone che vivono qui.