Dell’88ma Adunata nazionale degli Alpini, resterà di certo il viavai di gente nella Basilica di San Bernardino aperta fino a tarda notte, brulicante di persone sedute a parlare e a ridere tra gli Alpini che suonavano gli ottoni, ed ancora gente lungo la scalinata fino a via Fortebraccio. La Basilica imponente e illuminata magicamente, in questo scorcio di normalità che gli aquilani hanno ritrovato giorno dopo giorno, in una maratona di allegria e vitalità senza precedenti. Un grande evento gestito benissimo dal Comitato organizzatore e dall’Ana, l’Associazione nazionale alpini che già prepara da tre o quattro riunioni la prossima Adunata ad Asti e che è riuscita a far palpitare di nuovo il centro storico. A parte le zone rosse, che pure sono state attraversate da una marea di penne nere nella penombra della sera, nell’oscurità dei vicoli senza vita, nei portoni semi aperti di case abbandonate, negli improvvisi crateri edili di case crollate e livide da sei anni, rivissute da me nei loro sguardi per la prima volta, perché dopo sei anni si finisce per farci l’abitudine. Zone d’ombra profonda da attraversare non più da soli, ma con un mare di persone vive che con la piantina ti chiedono dove sono, ed eravamo a Costa Masciarelli, due ragazzi seduti sul muretto a chiedere dov’era il Ridotto, un altro paio per la scalinata, tra le erbacce a parlare e a scherzare. Le voci e la vita che oltre i Corsi principali, il Duomo, San Bernardino e via Castello non si sentivano da sei anni. Un centro storico come i tanti borghi delle frazioni abbandonati di cui non si parlava più col cuore, ma a metri quadri, per indennizzo e pratica, a valore e fitto futuro da ricavare. L’Adunata s’è appropriata di una città abbandonata a se stessa, dove il che ci vado a fare in centro non c’è niente diventa sempre più diffuso e normale e dove l’orinatoio pubblico qual è comunque diventato indistintamente questa quattro giorni di euforia non ha significato più nulla di importante, tant’è la disperazione di vedersi tornare a vivere come in una città normale. Per la quale ognuno dovrà ora fare la sua parte, il Sindaco Cialente, che dovrà riavvicinare la propria gente per condividere ogni scelta, e la gente, che può darsi da fare senza aspettare lo Stato, eliminando assistenzialismi e interessi sotto i quali la fine del tunnel non arriverà più. Un forte dispiacere per i due alpini colti da malore e deceduti prima della sfilata.