03 Set 22

Cinema a Venezia, mecenatismo tossico

Il Metropolitan Museum of Art di New York è stato tra i più noti musei del mondo a cancellare il nome della famiglia Sackler, benefattori e mecenati contemporanei delle arti, ma anche potenti industriali del farmaco, da alcune gallerie, per la produzione di oppiacei che hanno ucciso oltre mezzo milione di americani negli ultimi vent’anni.

Le nostre famiglie hanno sempre sostenuto con forza il Met. I primi contributi risalgono a 50 anni fa e ora, nell’interesse del museo e della sua missione, è il momento di passare il testimone ad altri, dichiararono i discendenti di Mortimer e Raymond Sackler, con il fratello Arthur co-fondatori di Purdue Pharma, l’azienda che ha continuato a produrre l’OxyContin, un antidolorifico che ha generato dipendenza e morte.

Sembra che l’arte sia spesso rifugio di personaggi ambigui da cui nel tempo i musei più prestigiosi sono stati costretti a prendere le distanze.

Nel 2019 Warren Kanders, lasciò la vicepresidenza del Whitney Museum of American Art, perché la sua azienda produceva lacrimogeni usati contro migranti; poi il miliardario Leon Black che si dimise dalla presidenza del Moma per i legami poco chiari con il finanziere pedofilo Jeffrey Epstein.

Il nuovo Sackler Courtyard installato al Victoria and Albert Museum di Londra è stato uno dei luoghi più scintillanti al mondo con undicimila piastrelle di porcellana bianca, musei Sackler nelle Università di Harvard e Oxford; il Guggenheim di New York ha un Sackler Center e l’American Museum of Natural History un Sackler Educational Lab. Quindi la Serpentine Gallery di Londra e il Louvre a Parigi che pure rimosse ogni riferimento ai Sackler, così la National Portrait Gallery londinese che non accettò il milione di sterline da parte della Sackler Trust, dopo la minaccia di Nan Goldin, l’attivista fotografa, di boicottare la mostra a lei dedicata.

L’azione dell’artista sarà in concorso in queste ore alla 79ma Mostra Internazionale del Cinema di Venezia, con la pellicola All the Beauty and the Bloodshed, attraverso diapositive, dialoghi intimi, fotografie rivoluzionarie e rari filmati della sua battaglia per ottenere il riconoscimento della responsabilità della famiglia Sackler, per aver avuto piena consapevolezza delle conseguenze mortali da overdose assumendo quel farmaco.

La storia inizia con P.A.I.N., un gruppo da lei fondato per indurre i musei a rifiutare i fondi Sackler, togliere lo stigma alla dipendenza e promuovere strategie di riduzione del danno. Ispirato da Act Up, il gruppo ha organizzato una serie di proteste contro i Sackler e i crimini della Purdue Pharma, produttrice dell’ossicodone. Al centro del film campeggiano le opere d’arte di Goldin ‘The Ballad of Sexual Dependency’, ‘The Other Side’, ‘Sisters’, ‘Saints and Sibyls’ e ‘Memory Lost’. In queste opere, Goldin ritrae gli amici rappresentandoli con bellezza e cruda tenerezza. Queste amicizie e l’eredità della sorella Barbara sono alla base di tutta l’arte di Nan Goldin, è la storia del film.

Ho iniziato a lavorare a questo film con Nan nel 2019, due anni dopo che aveva deciso di sfruttare la sua influenza come artista per denunciare la responsabilità penale della ricchissima famiglia Sackler nell’alimentare la crisi da overdose, spiega la regista
Laura Poitras. Il processo di realizzazione di questo film è stato profondamente intimo. Nan e io ci incontravamo a casa sua nei fine settimana e parlavamo. All’inizio sono stata attratta dalla storia terrificante di una famiglia miliardaria che ha consapevolmente creato un’epidemia e ha successivamente versato denaro ai musei, ottenendo in cambio detrazioni fiscali e la possibilità di dare il proprio nome a qualche galleria. Ma mentre parlavamo, ho capito che questa era solo una parte della storia che volevo raccontare, e che il nucleo del film è costituito dall’arte, dalla fotografia di Nan e dall’eredità dei suoi amici e della sorella Barbara. Un’eredità di persone in fuga dall’America.

L’artista iniziò la sua campagna contro la Purdue Pharma dei Sackler nel 2014, dopo aver sviluppato una dipendenza dall’OxyContin, regolarmente prescritto per una tendinite. Da allora, la Goldin, ha portato la sua protesta in tutti i musei/Sackler, con manifestazioni e sit-in del collettivo PAIN, Prescription Addiction Intervention.

Purdue Pharma è stata di recente travolta dalla bancarotta, sono ancora in corso cause milionarie di risarcimento negli States, il colosso ha cambiato nome e non è ancora chiaro cosa faranno e come si salveranno gli eredi dei Sackler.