A fine luglio il capo dello Stato ha scritto una lettera al premier Giuseppe Conte, perché il Governo riveda alcune criticità rilevate in sede di conversione del Decreto terremoto del 29 maggio scorso. Mattarella riferisce di contenuti notevolmente ampliati rispetto a quelli originari del Decreto legge, e taluni aspetti di criticità dell’articolo 7 che pur non costituendo una palese violazione della legittimità costituzionale, suscitano forti perplessità.
Si tratta delle casette temporanee. Sergio Mattarella evidenzia che l’articolo che le blindava nel Decreto al rispetto della normativa edilizia, amministrativa, urbanistica e paesaggistica con tutta una serie di prescrizioni stringenti, è stato completamente sostituito dall’articolo 7 appunto, prevedendo di non dover più comunicare prima, all’amministrazione, l’avvio lavori, ed in deroga, leggiamo nella lettera, potranno essere utilizzati opere, manufatti leggeri, anche prefabbricati, e analoghe strutture, realizzati o acquistati nel periodo compreso tra il 24 agosto 2016 e la data di entrata in vigore della disposizione, purché amovibili e diretti a soddisfare esigenze contingenti e meramente temporanee. Si prevede altresì l’obbligo di demolire o rimuovere dette opere nonché di ripristinare lo stato dei luoghi entro novanta giorni dall’emanazione dell’ordinanza di agibilità dell’immobile distrutto o danneggiato. E non finisce qui perché al comma 2, si stabilisce l’inapplicabilità delle sanzioni penali previste nel Codice dei beni culturali e del paesaggio limitatamente al periodo di emergenza e comunque fino al novantesimo giorno dall’emanazione dell’ordinanza di agibilità dell’edificio distrutto o danneggiato, quindi il comma 3, secondo cui le ordinanze di demolizione e restituzione in pristino e le misure di sequestro preventivo emanate fino alla data di entrata in vigore della disposizione, per i lavori e le opere che rispettino le condizioni di cui al comma 1, sono inefficaci. Per il capo dello Stato è in quest’ultimi due commi che si ravvisano profili di criticità in quanto nel comma 2, si stabilisce un’inedita sospensione della punibilità, testualmente riferita solo alle sanzioni penali alla violazione del Codice dei beni culturali, mentre nulla si prevede in riferimento ad altre fattispecie in materia di edilizia, urbanistica e tutela di aree protette che sovente ricorrono nelle ipotesi di realizzazione di opere in assenza delle prescritte autorizzazioni in zone soggette a vincoli. Pertanto, la ratio dell’intervento, volta a consentire l’utilizzo temporaneo di tali manufatti, potrebbe essere vanificata dalla possibile configurabilità di altre responsabilità penali non precluse da questa norma, rileva ancora il capo dello Stato. Inoltre, l’opportuna limitazione temporale dell’inapplicabilità delle sanzioni prevede quale termine finale il “novantesimo giorno dall’emanazione dell’ordinanza di agibilità dell’edificio distrutto o danneggiato”. Tale evento, tuttavia, potrebbe non verificarsi mai, come ad esempio nel caso di assegnazione di una diversa soluzione abitativa rispetto a quella originaria, determinando, di fatto, la protrazione dell’inapplicabilità sine die e il conseguente utilizzo perpetuo dell’immobile “abusivo”, che diverrebbe, in tal modo, una seconda abitazione. Conseguenze ovviamente da escludere, per Mattarella. Per finire il comma 3 prevede l’inefficacia, oltre che dei provvedimenti amministrativi, anche del sequestro preventivo. La disposizione risulta asistematica e lesiva dell’intangibilità ex lege dei provvedimenti giudiziari, sottraendo alla magistratura l’esclusiva competenza a valutare i presupposti per il permanere delle misure di sequestro (articoli 321 e 355 c.p.p.). Peraltro, aggiunge ancora, la norma contempla il solo sequestro preventivo, non prendendo in considerazione quello “probatorio” (art. 354 c.p.p.), che ben può essere disposto in caso di attività edilizia svolta in assenza delle necessarie autorizzazioni. Rimette così al Governo l’individuazione dei modi e delle forme di un intervento normativo idoneo a ricondurre a maggiore efficacia, in tempi necessariamente brevi, la disciplina in questione, conclude la lettera. La questione è molto delicata e rischia un effetto domino. Si tenta forse di legittimare gli abusi edilizi dell’emergenza? E se così restasse la norma, cosa accadrebbe alle casette all’Aquila? C’è da ragionarci un bel po’.