Non si può non tornare su Porta Barete, il più antico accesso di una città fondata nel 1200, per dire ancora una volta che senza la sua storia, la città è finita ancor prima di ricominciare. L’Ocse consigliò restauri di pregio, l’unica carta buona da giocare per la candidatura a Capitale europea della cultura 2019, e progetti innovativi che puntassero a riorganizzare i tempi e gli spazi degli uffici, in un centro storico di un capoluogo di Regione, tra passato e futuro all’avanguardia. La scelta avrebbe dovuto fondersi con l’aspirazione a diventare smart city, cioè città intelligente, città dell’innovazione e del risparmio energetico, della mobilità sana, della vivibilità totale, della città dei luoghi pubblici da restituire alla gente, della fruibilità, sarebbe stato tutto da reinventare. Con un ateneo da rilanciare, una facoltà d’ingegneria da arricchire, cantieri didattici che riqualificassero il centro storico, salvandolo dall’abbandono, avrebbero richiamato studenti da tutto il mondo. Anche l’assessorato alla ricostruzione lo intese riqualificare subito, ma non perché volesse provare, l’assessore Di Stefano, un salto di qualità, al contrario, non ritenendo che ci fosse nulla da modificare, progettare, riorganizzare, nulla da rendere più bello, voleva ripartire dal centro come esempio storico del com’era e dov’era.
D’altra parte Di Stefano non ha mai collaborato col collega Moroni, responsabile della smart city, e viceversa, per ragionare politicamente insieme, sul futuro rilancio dell’Aquila. Ognuno, per conto proprio.
Con Di Stefano circondato da urbanisti e legali di partito, affidando agli uffici comunali l’unica idea di riqualificazione che abbia mai avuto e cioè quartieri popolari da rivedere con piani di recupero attraverso grosse speculazioni edilizie, tese a favorire solo le imprese, che in cambio del loro intervento economico e finanziario, avrebbero avuto premi di cubatura e commerciale da sfruttare.
Un’idea di città duecentesca, proiettata solo su quartieri popolari, è scritto nero su bianco, sul Piano di ricostruzione di Di Stefano, approvato nel 2012. La storia millenaria dell’Aquila, è stata ingurgitata senza rimorso da queste barbarie politiche. Porta Barete da riaprire, si sta scontrando con l’interesse dei privati a ricostruire una palazzina fatta abusivamente, abbiamo perso restauri di pregio, un’idea elettrizzante di città futura che coinvolgesse giovani e cittadini, la candidatura a Capitale europea, siamo stati infatti scartati, e non avremo neanche una città intelligente, perché bisognerebbe modificare l’approccio culturale, ci vorrebbero decenni e non c’è più tempo.