Ragionerei sempre in termini di belle architetture da vedere, pensando all’Aquila in ricostruzione. Non mi rassegno a subire le stesse periferie di cui la gran parte delle metropoli italiane farebbe a meno, se avessero fondi e potessero tornare indietro, ma che invece il capoluogo d’Abruzzo ha pensato bene di rifare esattamente com’erano. L’Aquila non ha bei progetti da mostrare. Se un americano volesse vedere come sarà l’ex Palazzo del Governo, quello stesso davanti al quale sfilò il presidente Obama nel 2009, non avrebbe nulla, su web. Nessun progetto tridimensionale, nessun come sarà, cosa diventerà e perché, nulla. Di Stefano non ha pensato a fare un bel sito per mostrare la città che verrà, ovunque, su web, sono solo dati, pratiche, numeri e cemento. L’auditorium di Shigeru Ban donato al Conservatorio è anonimo, di quello di Renzo Piano se ne parla ancora solo perché ruba la vista del Forte spagnolo, le periferie sono invivibili, quartieri dormitorio, si riqualificano pezzi di città spezzatino come l’area di via XX Settembre o di viale della Croce Rossa dove la mano destra non sa cosa faccia la sinistra, gli ordini, gli intellettuali e la classe dirigente o quel che ne resta, è assuefatta, perfino dei sottoservizi non si riesce a mostrare il lato innovativo e le enormi potenzialità offerte dal centro storico. Tutte critiche fuori luogo, per l’assessorato alla ricostruzione di Di Stefano, mentre a parte il progetto di Renzo Piano, davvero non riesco ad individuare il bello, nel post sisma d’Abruzzo. La qualità, l’architettura, la fantasia, nuovi modi di vivere il quotidiano con i palazzi riqualificati e nuovi tempi al lavoro, ottenuti da una ricostruzione all’avanguardia, di questo, dovremmo raccontare a quasi otto anni dal sisma. E spero davvero di non perdere mai la lucidità della consapevolezza, insieme a quelle quattro anime in pena che con me vedono cosa sta accadendo in questa città e come la stanno malamente segnando per i secoli a venire. Non è stato cancellato nulla di brutto, stiamo solo aggiungendo storture urbanistiche sulle speculazioni selvagge degli ultimi decenni.