Si è chiuso a Berlino il World Architecture Festival 2016, uno dei più importanti eventi mondiali d’architettura, con due nomination all’Italia. Al Messner Mountain Museum di Plan de Corones, a Bolzano, dello Zaha Hadid Architects e al Centro d’aggregazione di Poggio Picenze, L’Aquila, dello studio trentino Burnazzi Feltrin Architetti, tra le oltre 340 selezioni in 58 Stati nel mondo. L’intento progettuale del nuovo complesso a Poggio Picenze, è di rielaborare l’opera Il Grande Cretto di Burri eseguita a Gibellina tra il 1985 e il 1989, in seguito al terremoto del ’68 nel Belice e realizzata in cemento bianco, si legge nella scheda progettuale, l’andamento a zig zag dei volumi vuole evocare delle ideali crepe, ricordo dell’evento sismico, essendo trascorsi due anni dal terremoto, iniziano nel 2011, e la società civile ha gradualmente dimenticato. Rivestito in legno e coperto a prato rustico, il progetto vuole attribuire alla natura una valenza positiva ed una fiducia aggregativa, per almeno 130 persone, nel futuro. Grandi nomi dell’architettura mondiale contemporanea, da Foster and Partners, con il Crossrail Place di Londra, ai danesi del BIG Bjarke Ingels Group. Studi di architettura e singoli progettisti di oltre 40 diverse nazionalità chiamati a sfidarsi dal vivo sulle particolarità dei propri lavori. Una giuria internazionale, composta dall’archistar britannica David Chipperfield, Ole Scheeren, Louisa Huttone e Christoph Ingenhoven. Questo, è il tipo di bellezza che dovrebbe produrre un’amministrazione pubblica. Poggio Picenze lo ha fatto, L’Aquila, no. Nessun concorso internazionale d’architettura per il centro storico e per il resto, se non per Piazza d’Armi, ma non può essere sufficiente. Sono rare le progettualità nuove, materiali e tecniche innovativi così da attrarre l’interesse di tecnici da tutto il mondo su un nuovo modello di sviluppo urbanistico. Rare le nuove progettazioni d’interni, nuovi ambienti di lavoro e di vita quotidiana in centro, così come consigliò l’Ocse, per rilanciare anche il mercato immobiliare nel cuore antico del capoluogo, senza dover ricorrere solo all’incremento forzato della rendita. Tanto per cambiare.