Si chiude oggi a Marrakech la Cop22, la 22ma Conferenza mondiale sul clima delle Nazioni Unite. Meno di due settimane per dare un senso all’Accordo di Parigi dello scorso anno, in vigore dal 4 novembre, di mantenere il riscaldamento della terra e degli oceani entro la fine del secolo, nel 2100, ad un massimo di due gradi rispetto ai livelli preindustriali. Comunque sforzandosi di avvicinarsi il più possibile ad un grado e mezzo. Ma restiamo molto lontani dall’obiettivo. Hanno partecipato 196 Stati, associazioni, imprese, ong e sindacati. Secondo alcune associazioni non governative sforeremo i tre gradi, il che per la Terra significherebbe catastrofe assoluta, mentre ciò che accade nelle nostre città, tra dissesti e cataclismi, mostra realmente i segni di quanto accadrà: una vera apocalisse. Un rapporto diffuso della London School of Economics e del Grantham Institute, boccia sei Paesi del G20 per le loro politiche climatiche e sono Argentina, Australia, Canada, Arabia Saudita, Turchia e Usa. Vanno un po’ meglio Brasile, Cina, Francia, Germania, Italia e Regno Unito, oltre all’Unione Europea, i cui programmi per la riduzione delle emissioni non sono ancora considerati sufficienti. L’elezione di Trump alla presidenza degli Stati Uniti, che ha negato le cifre sugli inquinamenti ambientali, potrebbe di fatto peggiorare le politiche mondiali sui cambiamenti climatici perché gli Usa potrebbero uscire dagli Accordi di Parigi. Gli Stati Uniti sono considerati una delle economie mondiali più inquinanti, e con la Cina sono responsabili del 38% delle emissioni mondiali. La conferenza ha confermato gli impegni dell’anno scorso, bisognerebbe riuscire a mobilitare almeno 100 miliardi di dollari l’anno, fino al 2020, da versare ai Paesi del sud del mondo per sostenerli nell’uso di fonti di energia meno inquinanti. Peraltro neanche sono responsabili dei danni ambientali, mentre le somme sono insufficienti visto che secondo l’Onu, servirebbero dai 5 ai 7mila miliardi di dollari l’anno, per un modello di sviluppo sostenibile.