Fino al 3 novembre dalle ore 18.30, l’associazione culturale OPUS propone all’asilo occupato in viale Duca degli Abruzzi, Una mostra chiamata desiderio, curata da Piotr Hanzelewicz con gli artisti Elio Castellana, Riccardo Chiodi, Anthony Gingilli, Pelin, Cindy Salvati e ShowMe dove a parlare è l’immagine. Desiderata, ignorata, pornografica, centellinata e politicizzata, ci si muove in un percorso da decifrare, libero o guidato da Piotr nelle pieghe dei propri desideri e morbosità. Alcuni passaggi da rivedere due volte, altri da tradurre col sostegno sicuro di Piotr, tra gli altri, s’impone potente il lavoro di Chiodi. Due stanze, come in un Peep show, a studiare l’artista (nella foto) in un video, in un continuo déjà vu di oscurità per cui alla fine ti alzi senza aver pagato la performance, quasi convinto di essere stato studiato. In quel percorso c’è l’anima di una persona percepibile a pelle, oltre la quale non c’è spazio per provare altro, bisogna cedergli il suo, se l’è preso, si sente, si è messo in mostra. Nella seconda stanza devi prostrarti per guardare cosa c’è in quei tre buchi, al buio, c’è la sua vita da bambino, e poi da ragazzo mentre scopre l’altro sesso, quindi da adulto, nel Progetto case a riprendere la vita che scorre al suono di Anja Franziska Plaschg e che si lascia vivere distante, in quel tendone della Protezione civile, dove anziani ballano, irraggiungibili. Quando esci ci vorresti tornare, resti turbato da quell’esistenza assente, fin dal filmino in super otto da bambino, ad osservare gli altri da sé ed è quel sé, ad uscire potente. Videoarte ma non solo, la sua, già in mostra con i Cantieri dell’Immaginario, tra le vetrine dismesse della città terremotata qualche anno fa, da cui voleva ripartire, perché quell’opera doveva essere compiuta. C’è riuscito. C’è riuscito Piotr, gran cerimoniere di un’impostazione artistica da non perdere, da perfezionare, su cui insistere. La sequela di visioni della mostra non semina desideri quanto il confronto obbligato con un contemporaneo quotidiano, che invade tutti con immagini morbose dalle quali non si può uscire indenni, i loro effetti sono negli sguardi di chiunque, ovunque. Vale la pena farci un salto.