Già nel 1908 l’architetto austriaco Adolf Loos pubblicò Ornamento e delitto, teorizzando un’architettura pratica e funzionale come quella americana, come unica vera risposta ai bisogni sociali, scrive Piero Orlandi nel saggio Architetture, arte, città: un rapporto da ritrovare. Ciò che ha tramandato Loos, tra i fondatori del Razionalismo, è stato nel secondo dopoguerra semplificato e impoverito, le nostre periferie si sono allargate trasformando l’architettura in edilizia, limitando la concezione di spazio pubblico alla sola strada, sminuendo la strada ad arteria di traffico. L’arte sparisce dagli edifici, dagli spazi e dalle città. La legge del 2% produce per Orlandi qualche risultato, ma spesso, riporta, si tratta di opere non di gran qualità in architetture anch’esse non memorabili. E non esiste un solo caso nel post sisma, in cui sia stato possibile incentivare l’arte, nella ricostruzione pubblica. Il 2% che la legge 717 del 1949, in piena ricostruzione post bellica, destinava all’arte negli edifici pubblici di nuova costruzione. La norma ha subito diverse interpretazioni negli anni, l’ultima nel 2014, secondo cui restano esclusi gli edifici industriali, l’edilizia residenziale civile e militare, l’edilizia scolastica, universitaria e alcuni casi dell’edilizia sanitaria. L’importo dei lavori deve essere superiore al milione di euro e la percentuale, prevista come fissa al 2%, in realtà diminuisce con l’aumentare dell’importo, diventando dell’1% per progetti tra i 5 e i 20milioni di euro e dello 0.5% per lavori superiori ai 20milioni di euro. E’ lo stesso Mibact, che sta monitorando l’applicazione della legge dal ’49 ad oggi, a citare come risultati eccellenti i recenti Palazzi di Giustizia di Venezia, con l’opera di Botto e Bruno e quello di Pescara con quella di Enzo Cucchi, Sandro Chia e Michelangelo Pistoletto (Ruote di luce, nella foto). La selezione delle opere avverrebbe per concorso, ma nel post sisma d’Abruzzo, non un solo concorso è stato bandito, mentre l’interpretazione restrittiva della norma pare voler tagliare un ragionamento più ampio, proprio sul cantiere più grande d’Europa che al contrario, sull’arte diffusa, avrebbe potuto impostare una rinascita vera.