Speravo diventasse una nuova Berlino, ha dichiarato Bruno Vespa ieri, che anche L’Aquila potesse diventare una nuova Berlino, con una ricostruzione post bellica riuscita, la caduta del muro e un crocevia di culture, architetture ed arte, dove l’affitto è accessibile, il costo della vita pure, gli stipendi sono buoni e lo Stato c’è. E’ probabilmente la capitale europea più attraente per artisti, musicisti, pittori, architetti, letterati e intellettuali, artefici, dopo le grandi distruzioni, di nuovi movimenti e rinnovamenti culturali, ma L’Aquila non sarà una nuova Berlino, non ci hanno puntato. A cinque anni dal 6 aprile 2009 distruzione e macerie hanno ancora la meglio, la ricostruzione non c’è, non si vede, non si tocca, non è una città che sta rinascendo, è una città che sta morendo e non c’è dato che tenga, i cento cantieri aperti in centro storico sui beni culturali non si vedono, dove sono i lavori sulle chiese e quelli sulle case private dei centri storici, i borghi antichi delle frazioni sono al 60% dei progetti preliminari, e il capoluogo ancora non ha i progetti esecutivi sugli aggregati. La gente non spera più e non aspira più ad una nuova Berlino e a grandi architetture, si adatta solo, ha troppi problemi, un quotidiano difficile, i figli in una città cambiata profondamente, spesso senza più un lavoro, e cerca di sopravvivere in questa non vita dove manca il passeggio, i bar, i corsi principali del centro, i negozi, le voci e la gente, e una città normale con i negozi, le voci, la gente e la confusione fa strano, quasi paura. Silenzio nel centro, camionette di militari a guardia degli accessi, deserto e abbandono nei Progetti case, ed è sempre meno reale, per chi fa i conti con la realtà e pesa le parole vuote dei politici, l’idea che L’Aquila possa essere più bella di prima, per riprendersi un quotidiano umano, basterebbe ormai solo un luogo per fare una chiacchierata, per sentirsi meno soli, meno pessimisti. Renderebbe quasi felici, tanto male siamo messi. A cinque anni dal sisma è tutto ancora da cominciare, i miliardi della ricostruzione sono stati inghiottiti, sono state pagate ditte e maestranze, oltre 42mila persone sono rientrate a casa, ma il nuovo inizio non c’è, di nuovo c’è solo una fila di palazzine periferiche dai colori sgargianti.