L’Aquila ha smesso di chiedersi che tipo di ricostruzione desidera. L’Urban center resterà un’idea perché è tutto ridotto alla pubblicazione degli elenchi, cioè di chi può aprire il cantiere per la propria casa senza una regola una, che garantisca un centro storico più bello ed una città riqualificata. La denuncia è dell’ultimo dossier di Italia Nostra del novembre scorso, che spiega quanto fosse necessario un Piano di ricostruzione. E invece l’assessore Di Stefano, che ha in mano la città da sette anni, lo ha negato, costringendoci alle norme urbanistiche di 40 anni fa. La periferia non è stata migliorata di un mattone ed è per gli analisti di Italia Nostra un’entità urbanisticamente aliena, non c’è un Piano del colore, l’intento di farlo si ferma al 2010, gli intonaci ispessiti coprono pietre e portali, demoliscono l’edilizia minore che pure è storia ed identità aquilana come il caso di San Pietro, ignorando lo studio sugli edifici incongrui del centro ed il nuovo ricostruito rinasce malamente. Pietre e coppi sono stati affilati per strada e nei vicoli, non capiremo se mancherà qualcosa, le superfetazioni sono rimaste identiche perché condonate, ad un palazzo in centro sembra ci sia un piano in più, garantendo di fatto, il com’era e dov’era alla lettera. Via Sallustio poteva essere un quartiere da recuperare eliminando le palazzine degli anni cinquanta, a San Pietro è subito rinato un palazzone multipiano ma abbiamo perso alcuni palazzetti, demoliti senza che la Sovrintendenza controllasse preventivamente il recupero delle pietre. Su via Garibaldi, manca uno stemma settecentesco in pietra di Giuseppantonio Ciavola e non sapremo mai che fine abbia fatto. E mentre le imprese colorano i palazzi con tinte neutre, quando secondo gli analisti il Settecento espresse una grande varietà cromatica, non sappiamo cosa potrebbe accadere domani. I contatori vengono messi scavando negli intonaci, i sottoservizi vanno avanti veloci senza dialogare con il rifacimento dei palazzi e a breve partiranno le frazioni. Neanche sui borghi c’è una regola certa. Demolizioni e ricostruzioni sono libere, cementi armati al posto delle pietre e colori dalle diverse fogge, giusto per chiudere il cerchio.