Fare un giro per il centro storico dell’Aquila con un esperto d’arte e architetture è un privilegio. Intanto la storia. Dopo la seconda guerra mondiale, che distrusse i patrimoni artistici d’Europa, s’animò un appassionato dibattito per valutare se la Carta di Atene del 1931, potesse essere ancora valida nel guidare i restauri. C’era da ricostruire intere città, non si trattava più di semplici monumenti, quel documento che pure sancì principi a livello internazionale era di fatto superato, bisognava ampliarne la visione. Nel 1964, nel corso del secondo congresso internazionale di architetti e tecnici dei monumenti storici, codificarono la Carta di Venezia, un nuovo documento. Da lì nascerà anche l’Icomos, il Consiglio internazionale dei monumenti e dei siti che si radicò poi in tutti paesi d’Europa. Sono lontani quei tempi del confronto e dei migliori contributi e dove sono finiti gli architetti, che nella ricostruzione post sisma del 2009 in Abruzzo, avrebbero dovuto avere ben altri compiti, che non quelli di ingrossare le loro tasche con centinaia d’incarichi progettuali, spesso, basti andare per il centro, di dubbio gusto estetico ed architettonico. All’Aquila e nei borghi distrutti dal sisma, ognuno sta ricostruendo come vuole e si vede. Dalla distruzione che portò con sé il secondo conflitto mondiale furono tutti d’accordo nel non lasciare i ruderi nelle città tornate a vivere, l’impostazione fu meglio un restauro non perfetto, piuttosto che privare le città del loro aspetto, anche se ricostruire fedelmente strutture demolite, avrebbe potuto significare errori e falsi storici, in realtà lo spirito portante, avrebbe dovuto puntare a salvaguardare la storia delle città e degli abitati, conservando il più possibile, anche opere modeste che con il tempo avessero però acquistato un significato culturale. Ed è questo che recita il primo articolo della Carta di Venezia, per cui monumento è anche ambiente urbano o paesistico perché testimonia la storia di una comunità. Il nostro ambiente urbano è invece terra di nessuno e rischiamo di perderlo perché in particolar modo le opere modeste, stanno scomparendo con demolizioni selvagge che ci cancelleranno. E la stessa cosa potrebbe accadere nei borghi.