Tra le province italiane, quella con il maggior numero di abitazioni non occupate in modo permanente è Sondrio, con il 57,04% in termini percentuali. Seguono Aosta (56,73%), L’Aquila (55,09%) e Imperia (51,98%). Tutti territori in cui più della metà delle abitazioni è inabitata. E’ quanto rileva Fondazione Openpolis su dati Istat al gennaio 2023. Il dato rappresenta la percentuale di abitazioni non occupate in modo continuativo, considerando come riferimento la dimora abituale, cioé la popolazione legale di un Comune.
A livello regionale, la Regione con la maggior incidenza di abitazioni non occupate è la Val d’Aosta con il 56,73%. Seguono Molise (46,66%), Calabria (44,54%) e Abruzzo (41,11%).
Secondo l’Istat il 29,73% delle abitazioni non è occupato permanentemente dalla popolazione residente, dunque al 2019, circa 10mln di case, su 36mln di abitazioni, erano vuote, per lo più nelle zone periferiche e ultra periferiche. Sono le aree interne del Paese quelle con meno case abitate. Se infatti solo il 18,88% delle abitazioni nei Comuni polo non risulta permanentemente occupata, questo dato va aumentando mano a mano che ci si allontana dai centri. Nelle aree periferiche, la quota è pari al 49,88% mente nelle ultraperiferiche raggiunge il 58,08%.
Il tema delle case sfitte non è soltanto una sfaccettatura dello spopolamento ma ha anche dei risvolti ambientali, come l’eccessivo consumo del suolo e incide anche su dinamiche sociali come l’emergenza abitativa.
La presenza o meno di case abitate su un territorio può essere legata a quanto quella determinata area risenta di periodi di crisi economica, dall’eccessiva lontananza da zone con servizi più capillari ed efficienti ma anche dal calo demografico che si sta registrando, spiega Openpolis. La popolazione italiana sta infatti diminuendo.
Istat prevede che nel 2070 i residenti non raggiungeranno nemmeno la soglia dei 50 milioni, attestandosi secondo le stime a 47,7 milioni. Questo è dovuto a un progressivo calo delle nascite che sbilancia anche la quota di persone anziane presenti nel territorio italiano. Sempre secondo Istat, infatti, nel 2050 le persone con età superiore ai 65 anni, saranno oltre un terzo della popolazione, pari al 34,9%.
Sono dinamiche che incidono su molti aspetti della vita delle comunità, rileva ancora la fondazione. Per esempio, diminuisce il numero dei contribuenti impattando sulla finanza pubblica sia a livello locale che a livello nazionale. Ma cambiano anche le esigenze sul piano dei servizi con necessità sempre più capillare di strutture e figure adibite alla cura della popolazione anziana.
Le dinamiche demografiche incidono in misura più impattante sulle aree interne, più soggette a spopolamento e invecchiamento della popolazione. Queste zone sono quelle caratterizzate dalle distanze maggiori rispetto ai servizi essenziali. In particolare, sono inclusi i Comuni intermedi, periferici e ultraperiferici con distanze pari a 20, 40 e 75 minuti dal polo più vicino.
Si stima che tra 2021 e 2031, nelle aree interne il calo della popolazione sarà pari al 9,1%.