Associazione per delinquere, autoriciclaggio, intermediazione illecita e sfruttamento di manodopera, sono i reati contestati ad Antonio D’Errico, Nicolae Otescu, Francesco Salvatore, Giancarlo Di Bartolomeo e Massimo Di Donato, arrestati stamattina dai carabinieri dell’Aquila, tranne Otescu che è latitante, nel corso dell’operazione Social dumping coordinata dalla Procura antimafia. Alle ditte erano stati affidati appalti edili nella ricostruzione post sisma per circa 22 milioni e mezzo di euro, manodopera romena sarebbe stata impiegata illegalmente nell’aggregato di via Verdi, su corso Vittorio Emanuele II e su via Bominaco, quest’ultimi appaltati al consorzio Sulter Scarl amministrato da Salvatore e Di Donato. E in cantieri di Vittorito e Pratola Peligna appaltati alla Salvatore&Di Meo. Otescu e D’Errico attraverso le ditte romene da loro gestite avrebbero procurato manodopera a basso costo, giustificandone formalmente la presenza con il contratto di distacco comunitario, applicato in totale carenza dei suoi presupposti, i titolari delle ditte italiane avrebbero così avuto documenti fiscali idonei, costituendo fondi neri da reimpiegare in altre attività, grazie a fatturazioni false e alla differenza tra i reali salari e quelli che avrebbero dovuto realmente percepire gli operai romeni, 50 euro per 10 ore di lavoro, tanto Otescu avrebbe corrisposto agli operai, pur ricevendo 110 euro a lavoratore, senza diritti e in situazioni alloggiative particolarmente degradanti. Nonostante continuino a ripetere che il controllo del territorio c’è, in realtà tutto resta concentrato nelle mani di privati, ditte ed amministratori che gestiscono miliardi senza alcuna evidenza pubblica e chi sa che la qualità della ricostruzione, considerato il degrado denunciato della forza lavoro sfruttata, non ne risenta drammaticamente. La cosa più allucinante è che sei anni di affari nella ricostruzione privata non hanno insegnato molto se nella nuova norma depositata al Senato, le proposte vengono dagli stessi attori restando assente la mano pubblica, che non può voler dire priorità della politica e assunzioni, ma tutela dell’interesse generale e dei soldi degli italiani, ormai solo belle parole buttate al vento.