L’A che punto siamo dell’Open Data Ricostruzione è aggiornato allo scorso aprile. A cinque mesi fa. Quindi a volersi fare un’idea di quanto manca alla ricostruzione privata, ma anche pubblica e avere tutto il quadro necessario a capire cosa accadrà dal primo ottobre, diventa un’impresa. Come quasi 14 anni fa quando non avevamo dati, ma solo fiumi di quattrini pubblici sborsati per banche dati della ricostruzione che ancora aspettiamo. Il 30 settembre sarà l’ultimo giorno utile a depositare le pratiche, senza proroghe, ma quante ne sono rimaste appese non si sa.
A distanza di dieci anni dalla nascita degli Uffici speciali, uno per L’Aquila, l’altro per il cratere 2009, viene da chiedersi se questi Uffici abbiano ancora ragion d’essere. Non hanno alcun potere per sollecitare né la ricostruzione pubblica né quella dei beni culturali, pur essendo enti intermedi, tra enti Governo, e con una capacità giuridica tale da poter stimolare i territori.
Non hanno avuto alcun protagonismo per garantire la qualità del ricostruito a fronte di una spesa pubblica miliardaria, perché hanno ‘comandato’ sempre i privati, riuniti in consorzi che hanno presentato il conto che gli Uffici speciali hanno liquidato, verificata la congruità, a suon di Sal.
Sono state e restano gigantesche macchine burocratiche introdotte dalla Legge Barca, che pose fine ai commissariamenti, e che avrebbero dovuto garantire a Roma la spesa congrua dei territori, ma alla fin fine si è tutto ridotto ad un controllo tecnico-economico dei conti presentati, a fronte di costi prefissati per riqualificare case e condomini, a conferenze dei servizi per esprimere pareri, anche con la Sovrintendenza, su aggregati misti con presenze architettoniche di pregio. Ma quanto sono riusciti ad incidere sulle tante brutture che rinascono tali e quali a com’erano prima?
Gli Uffici speciali non sono oggi né carne né pesce, la Ragioneria generale dello Stato controlla i conti che loro garantiscono, e non fanno altro che girare nei bilanci degli enti locali e territoriali i milioni che il Ministero dell’Economia e Finanze accredita alla ricostruzione del cratere 2009, sulla base delle leggi di bilancio. Un passaggio di soldi da Roma, alle casse degli Uffici speciali, quindi agli enti che spendono. Stop. Non so, dovrebbero forse essere ripensati? Indirizzati a garantire uno straccio di qualità preventiva a quanto resta da fare, tanto troppo, nella ricostruzione pubblica?
L’Ufficio speciale per la ricostruzione dell’Aquila, ha pubblicato un avviso per ricercare immobili nuovi da adibire a uffici e magazzini dal 1° gennaio 2023, preferibilmente in zona centrale o semicentrale, servita adeguatamente dai mezzi pubblici per poter permettere al personale in servizio e all’utenza il facile raggiungimento dell’Ufficio. Inoltre è richiesta la presenza di un numero adeguato di parcheggi a servizio.
Via dai Rotilio, dunque, e siamo contenti che le tante competenze guadagnate in questi anni restino fedeli a nostri territori in cui c’è ancora tanto da fare, ma non mi pare che questi Uffici speciali, a metà strada tra commissari e enti ordinari, stiano dando un contributo di qualità alla ricostruzione urbana e neanche sociale, culturale ed economica dei Comuni devastati dal sisma. Eppure la Legge Barca lo indicava.
Quindi che vogliamo fare? Vogliamo dare qualche dato aggiornato? Volete farci capire a che punto siamo? Volete dirci perché la Struttura di Missione pare così scollata dai territori, nonostante abbia pubblicato il bando sulle Comunità energetiche di NextAppennino, eppure pare distante anni luce da noi, dai nostri problemi, dalle nostre prospettive? Se c’è qualcuno batta un colpo, la tela tessuta in questi anni, a dieci anni dalla Legge Barca, ha urgenza di trovare un nuovo capo.