La Strategia per l’uguaglianza di genere 2020-2025, persegue, entro il 2025, un’Unione europea in cui donne e uomini, ragazze e ragazzi, in tutta la loro diversità, siano liberi di seguire il percorso di vita scelto, abbiano pari opportunità di prosperare e possano equamente partecipare e guidare la nostra società europea.
Gli obiettivi chiave sono porre fine alla violenza di genere; sfidare gli stereotipi di genere; colmare i divari di genere nel mercato del lavoro; raggiungere una partecipazione equa tra i diversi settori dell’economia; affrontare i divari retributivi e pensionistici di genere; colmare il divario di assistenza di genere e raggiungere l’equilibrio di genere nel processo decisionale e in politica.
Il 4 marzo 2021, la Commissione ha presentato una proposta di Direttiva per rafforzare l’applicazione del principio della parità di retribuzione, a parità di lavoro o di lavoro di pari valore tra uomini e donne, attraverso la trasparenza retributiva e meccanismi di attuazione.
Tutta teoria.
Dei 38,5 miliardi stanziati dal PNRR per la disparità di genere, il 91 per cento (35,4 miliardi) è destinato a misure solo indirettamente riconducibili al riequilibrio di genere. L’obiettivo del PNRR di un’occupazione femminile al 60 per cento, per un +7% di Pil stimato, resta ancora utopico.
Tra gli ultimi dati pubblicati dalla Commissione europea emerge un’Italia, ultima, per lavoro femminile e riduzione del divario retributivo tra i generi, servono interventi strutturali considerevoli, secondo la sottosegretaria all’Economia Maria Cecilia Guerra, per riequilibrare la nota e accentuata asimmetria di genere nella distribuzione delle responsabilità di cura domestica e familiare. Interventi che necessitano di risorse, ma anche di un cambiamento culturale.
In Italia risulta ancora forte il radicamento di stereotipi e credenze, per l’Eurobarometro, infatti, il 51% dei cittadini vede nella donna il compito primario di occuparsi della casa e della famiglia, contro l’11% della Svezia e il 14% della Danimarca. Molte italiane hanno interiorizzato lo stereotipo, lo condivide il 53% delle interpellate, a fronte del 44% degli uomini.
Saranno sufficienti le sole riforme economiche?
Il 98% di chi ha perso il lavoro a dicembre del 2021 è donna. Il Covid ha segnato una nuova disparità di genere, d’altra parte la mancanza di indipendenza economica delle donne ostacola, e spesso impedisce, i percorsi di uscita dalla violenza.
Diviene quindi un’enorme questione culturale da affrontare e finché non lo faremo, e dovremmo farlo ogni giorno dell’anno, non sapremo neanche quant’è drammatico e da sradicare tale fattore.
Quante volte parliamo del PNRR come parità di genere nei convegni, nei confronti pubblici e nei dibattimenti? Mai. Perché dovremmo essere fiere di vedere la resistenza delle donne soldato in Ucraina se siamo contrarie alle armi e ripudiamo la guerra?
Ovunque ci giriamo in questa bella giornata dell’8 marzo, che dovrebbe essere la giornata degli obiettivi raggiunti e ancora da raggiungere, delle strategie affinate ma ormai strutturate, del cambio culturale avviato come processo irreversibile, siamo costretti a immaginare sempre nuovi inizi e urgenti innovazioni culturali in tutte le pieghe della società, anche in quelle più avanzate, soprattutto nel linguaggio.
Oggi IlSole24ore titola “Parità di genere, certificato esteso a tutte le imprese”, cioè, la ministra per le pari opportunità e la famiglia, Elena Bonetti, dichiara che per la Strategia nazionale per la parità di genere, la premialità per chi promuove pari opportunità va estesa a tutti gli appalti, anche non legati al PNRR. Siamo quindi ancora alla “premialità”, come “le quote rosa”, ancora niente di naturale, niente di normale, per quanto tempo ancora saremo costrette a leggere: dobbiamo valorizzare il talento delle donne su cui si è investito? Oppure titoli per l’8 marzo di questo tenore: “Donne, l’occasione da non perdere: 3.5 mln di nuovi posti in arrivo”; “Le Università in campo per far crescere le laureate Stem”;“Cambia la leadership e il potere non è più un affare da uomini”?.
Il linguaggio non cambia, e se non cambia nei titoli dei grandi giornali, nel linguaggio dei cronisti e della magistratura, nelle cronache e nei processi sulla violenza di genere, se non inizierà un rinnovamento culturale, non arriveremo mai alla profondità della radice, avremo solo norme vuote e nuove premialità da regalare senza cambiare nulla.
Never Again è un progetto europeo avviato il 25 novembre 2020, in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne, per creare un nuova cultura e combattere gli stereotipi sessisti attraverso la formazione e la comunicazione dirette a 100 agenti di polizia, 200 professionisti della giustizia e 50 giornalisti. In scena, in 10 città italiane, anche lo spettacolo dell’associazione M.a.s.c., per dimostrare come gli stereotipi usati dalla giustizia rafforzano i pregiudizi di genere.
Never Again potrebbe essere un nuovo inizio, ha lanciato un video contest per cambiare la narrazione della violenza contro le donne. Il concorso è aperto a giovani adulti dai 18 ai 39 anni e le candidature possano essere inviate fino al 4 aprile 2022. Ben oltre l’8 marzo e speriamo non sia solo una coincidenza.