L’Urban center all’Aquila non nasce ancora perché non è nelle corde di questa città. Presente in diverse realtà italiane ed europee, è un luogo dove ci si confronta coinvolgendo cittadini, associazioni ed enti nella pianificazione urbanistica, nella discussione di problematiche inerenti la ricostruzione, nel nostro caso, e nelle progettualità per la rinascita civica. Il Consiglio comunale ne ha approvato la costituzione lo scorso autunno, è seguito un bando ai primi di gennaio per raccogliere le manifestazioni d’interesse a prendervi parte, ne sono arrivate 59 ancora da esaminare, e siamo ad aprile, mentre il bando è stato prorogato per chiarire chi può entrare a farvi parte. Nessun consigliere, fin dalla discussione in Aula, avrebbe consentito a chiunque di portare avanti i propri interessi dentro quell’associazione, sarà per questo che ancora non se ne viene a capo, nel Comitato scientifico che ha messo insieme lo Statuto, ci sono quattro rappresentanti del Comune, segno della poca indipendenza dalla politica, quattro dell’Inu, l’Istituto nazionale di urbanistica che ha proposto l’accordo e due soci di Policentrica, la onlus attenta ai problemi della ricostruzione post sisma. E con essa anche Archeoclub L’Aquila, avrebbe manifestato l’interesse a prendervi parte. Facciamo una gran fatica culturale a farle prendere vita, perché il punto, per molti, è chi porta gli interessi di chi e gli attori non si fidano l’uno dell’altro. L’amministrazione civica è tutt’altro che aperta al confronto e alla possibilità di cedere una fettina del potere decisionale su questioni edilizie, di certo se mai l’Urban center avrà vita, non sarà vita propria, non deciderà mai, senza l’assenso pieno della politica, come quella dell’assessore Di Stefano che non ha permesso a nessuno in questi sei anni dal terremoto di interagire. A parte i consulenti di fiducia come Iacovone o Urbani, ben attenti a conformarsi al suo pensiero, che nitidamente ritroviamo espresso nel documento preliminare del nuovo Piano regolatore. Ancora bisogna selezionare il giro dell’Urban center, figuriamoci una pianificazione partecipata.