L’Aquila, non ha ancora un piano di protezione civile che funzioni in caso di sisma e calamità. Nel centro storico, i cui puntelli non li garantisce più nessuno da tre anni, solo i primi due anni erano coperti, è caduto un cornicione, la strada è stata chiusa, in piena zona rossa, ma si continuano a frequentare quei dintorni senza paura, mentre i cantieri partono nel cuore della città vecchia, dunque l’amministrazione comunale si starebbe concentrando su queste zone, più che altro per tenere d’occhio tutte le maestranze che circolano, non volendo problemi con gli incidenti sul lavoro, e non c’è ancora un ufficio che si occupi a tempo pieno di sicurezza, probabilmente nessun ente pubblico, scuole, uffici e commercio, dopo la tragedia del 2009, ha un piano operativo vero. Se facesse un altro terremoto non ci sarebbero aree di accoglienza attrezzate, ma solo zone di raccolta, per lo più ampi parcheggi aperti, dove la gente può andare in attesa che arrivi qualcuno. Stamattina in commissione territorio, il responsabile della sicurezza dell’ospedale San Salvatore ha spiegato il piano d’emergenza e d’evacuazione del 2010, le solite carte da mettere nel cassetto, che qualsiasi comune italiano o ente pubblico avrà di certo nel cassetto, e lì resta. Tra i commissari, alcuni medici come Bernardi, Spacca e Vittorini che nel sisma ha perso sua moglie e sua figlia, dopo l’esposizione da manuale del piano, hanno tentato la via della concretezza, per raccontare come dentro l’ospedale manchino vie di fuga, non c’è alcuna informazione che indichi all’utenza il da farsi, non c’è alcuna operatività strutturale che garantisca una sala operatoria ed un pronto soccorso d’emergenza, ed aree d’accoglienza per malati e per chiunque, in caso di tragedia, si rifugiasse d’istinto in ospedale. Il dono del G8, una specie d’ospedale mobile, altro non è diventato che una serie di container ambulatorio per medici di base, non c’è sicurezza strutturale dell’edificio, fatto nel ’99, ancora da finire nel 2009 e costato cento volte di più di una normale struttura ospedaliera, su questo non è mai stata aperta un’inchiesta tosta, post sisma, da parte della magistratura, mentre dell’assicurazione di 47milioni di euro, proprio sull’immobile, incassata dalla Asl che dopo il sisma ha accorpato quella di Avezzano all’azienda del capoluogo, si sa solo che ha ripianato i debiti dell’azienda diventata unica. Chiodi, pronto a ricandidarsi alla guida della Regione ci sta costruendo la sua campagna elettorale, nel frattempo L’Aquila, oltre a non avere piani di sicurezza e strutture ospedaliere sicure, fa i conti anche con un pronto soccorso che scoppia, il solito medico di turno e centinaia di utenze in più da assistere, tra maestranze straniere che non hanno nemmeno l’assistenza di base.