Servono uomini giusti nei posti giusti, asseriva Otto von Bismark.
Il libro, Gli sbandati La nuova classe dirigente e le scuole del potere di Antonio Galdo, edito dal Sole24ore, riprende il cancelliere prussiano per dipingere una classe dirigente liquida e poco preparata perché adesso le carriere si fanno con estrema rapidità, attraverso l’ascensore di Internet, in sinergia con la televisione. Oppure nei partiti ad personam, privi di regole e di meccanismi di selezione tipici della democrazia. Tutto è diventato piuttosto casuale e così abbiamo in campo una classe dirigente di Sbandati. Dei quali facciamo fatica a capire da dove vengono e dove vanno, al di là degli slogan recitati senza pause, spiega Galdo su IlSole24ore. Dopo anni di impoverimento e di decadenza, in Italia arrivano risorse che valgono sette volte quelle del Piano Marshall alla fine della Seconda guerra mondiale. Tuttavia i soldi non bastano. Oltre alla benzina serve chi guida la macchina e la scuola giusta dove si possa prendere la patente.
E’ inutile correre dietro alle gloriose scuole di formazione del passato per l’autore e non possiamo nemmeno continuare a sfornare ceti dirigenti da anomali serbatoi, il Paese alla prova di una nuova Ricostruzione ha bisogno di persone all’altezza del ruolo, né possiamo fare affidamento sempre e solo su ciò che resta di una tecnocrazia, dalla Banca d’Italia al Consiglio di Stato, che ha dimostrato un’invidiabile resilienza in un Paese dove tutto è diventato più precario e provvisorio.
Le scuole del potere di domani dovranno sorgere dalla ricostruzione di quelle di ieri, teorizza Galdo, richiamando il ruolo del partito che forma una classe dirigente che sia vero, con un’anima, un programma, organismi dove discutere e misurarsi. E non solo un apparato formato da tanti gruppi di potere, impegnati in una perenne campagna elettorale. E qua mi soffermerei per riportare tutto da noi, in provincia, e guardare con una discreta insofferenza alle prossime elezioni amministrative. Nella storicizzazione dell’autore Internet servirà a comunicare e a fare propaganda, ma non può sovrastare i tre cerchi concentrici di una forza politica: l’organizzazione snella al centro e radicata sui territori; i rappresentanti eletti negli enti locali, che tuttavia devono poter crescere nella dimensione nazionale; da quanti decenni non accade più?, e i pensatoi sul modello delle fondazioni tedesche, luoghi dove si aggiorna il programma e si seleziona la classe dirigente, come avviene da sempre in Germania dove non a caso i partiti non hanno mai perso la loro vitalità e la loro funzione di corpi intermedi tra lo Stato e la società.
Esattamente come non accade più da noi…
Stesse responsabilità dovrebbero recuperare le aziende, secondo l’autore, formando una nuova classe dirigente e tornando a reinvestire nei Centri studi, eliminati per tagliare i costi, ed invece più che vitali come palestre del potere economico.
Ceti dirigenti sempre più liquidi ovunque. Per Antonio Galdo, fondatore, tra le altre cose, del sito Non sprecare.it, serve riscoprire il senso delle tre parole che hanno sempre dato spessore all’esercizio del comando e sono la passione, cioè l’idea di servire lo Stato, anche solo per un periodo temporaneo della propria vita, perché non può essere solo una scalata verso il potere o un dovere, ma è innanzitutto un onore. Poi la responsabilità. Un Paese che, nei piani alti dei suoi gruppi sociali, nelle file di quella borghesia da sempre troppo fragile, non avverte la necessità di svolgere un ruolo, di non essere solo spettatore passivo della vita pubblica, non ha grandi prospettive di futuro e si autocondanna a un’endemica fragilità. Infine la generosità, se pensiamo ad esempio a quanto guadagna un sindaco e alle sue responsabilità e quanto guadagna un top manager aziendale, abbiamo la conferma di cosa sia il disinteresse nell’esercizio di un ruolo pubblico.