È facile dire rivoluzionario ai giorni nostri. Sette secoli fa non lo era affatto. Umile eremita in ritiro sulla Maiella abruzzese, prima che pontefice e poi santo, Pietro Angelerio dal Morrone, la sua rivoluzione volle esercitarla allargando i confini dello Stato Pontificio a tutte le classi sociali, a quanti, mercanti o contadini, pentiti dei loro peccati, avrebbero potuto finalmente ricevere l’assoluzione della pena, senza dover corrispondere moneta alcuna come consuetudine dell’epoca.
La Bolla del Perdono di Papa Celestino V, incoronato il 29 agosto 1294 nella Basilica di Santa Maria di Collemaggio, da lui stesso fatta edificare, istituì il primo vero Giubileo della storia.
Una figura, quella di Celestino, complessa e dibattuta nei secoli. L’eremita accettò l’investitura non senza titubanze, al culmine del suo breve papato la decisione di abdicare arrivò dopo mesi di costrizioni morali e aprì così per Celestino V il capitolo più drammatico della sua esistenza. Io, Papa Celestino V, spinto da legittime ragioni, per umiltà e debolezza del mio corpo e la malignità della plebe, al fine di recuperare con la consolazione della vita di prima, la tranquillità perduta, abbandono liberamente e spontaneamente il Pontificato e rinuncio espressamente al trono, alla dignità, all’onere e all’onore che esso comporta, dando sin da questo momento al sacro Collegio dei Cardinali la facoltà di scegliere e provvedere di un pastore, secondo le leggi canoniche, la Chiesa Universale.
Anche per la Chiesa di allora fu una storia sensazionale tanto che lo stesso Dante Alighieri avrebbe poi dedicato a Celestino, nelle pagine della Divina Commedia, il sessantesimo verso del III canto dell’Inferno che fece per viltade il gran rifiuto. Viltade, nel controverso giudizio dantesco, forse più collegato alle beghe politiche di quel tempo che non a una reale condanna di Celestino V.
Un giudizio molto più attento è riportato nel romanzo di Ignazio Silone, L’avventura di un povero cristiano, edito nel 1968, che restituisce a Celestino l’onore e lo descrive come una grande personalità capace, con il suo clamoroso gesto, di denunciare le numerose e gravi storture della Chiesa di quei tempi. Coraggio, dunque, non ignavia, secondo Silone, fu alla base della scelta di Celestino V che lasciò il soglio di Pietro, con tutti gli onori e le ricchezze che allora comportava, per dimostrare il suo disprezzo per il potere ingiusto, esagerato e, spesso, inquinato, del Papato di allora.
Il Papa così rinominato del ‘gran rifiuto’ non riuscì a ritornare nell’eremo del monte Morrone, dopo aver abdicato fu osteggiato in tutti i modi più meschini dal nuovo papa Bonifacio VIII che decise di portarlo con sé a Roma. Celestino tentò una fuga interrotta a Vieste dai messi papali che in Puglia lo raggiunsero e lo fecero prigioniero mentre tentava di imbarcarsi alla volta della Dalmazia. Gli ultimi mesi della sua esistenza li trascorse prigioniero nella Rocca di Fumone dove morì il 19 maggio 1296 nella sua cella angusta, larga poco più di due metri, all’età di 87 anni. Le cronache del tempo raccontano che poche ore prima della morte del pontefice si verificò un episodio straordinario: a mezz’aria, sospesa nel cielo, apparve una croce di fuoco. Questo è considerato il primo miracolo di papa Celestino. Le sue spoglie furono traslate nella basilica di Collemaggio e ancora lì custodite, a parte la breve pausa dovuta alla distruzione del terremoto del 6 aprile 2009.
La sua più grande rivoluzione, prima del rifiuto papale, rimane quella contenuta nella Bolla del Perdono. Una rivoluzione lungamente osteggiata dai suoi successori che tuttavia non riuscirono ad impedirne la diffusione e la portata storica.
La pergamena che reca il testo dell’indulgenza plenaria donata da papa Celestino V alla città e al mondo è stata conservata fino al sisma del 2009 nella cappella blindata della Torre del Palazzo civico, a ricordo del ruolo svolto dalla popolazione e dalle autorità civili dell’Aquila: essi protessero il prezioso documento dal tentativo di distruzione operato da papa Bonifacio VIII, che voleva cancellare lo strumento rivoluzionario, il suo valore politico e religioso.
L’autenticità della Bolla del Perdono, più volte messa in discussione nel tempo, fu confermata da Paolo VI che, nel 1967, all’atto della revisione generale di tutte le indulgenze plenarie, annoverò quella di Celestino V al primo posto dell’elenco ufficiale.
L’apertura della Porta Santa della Basilica di Santa Maria di Collemaggio segna l’inizio dell’indulgenza annuale concessa da Papa Celestino V nel 1294 – viene effettuata, la sera del 28 agosto, da un Cardinale invitato dalla Chiesa dell’Aquila. Da quel momento, per un giorno, fino alla sera del 29 agosto, quando la Porta Santa sarà chiusa, sarà possibile ottenere l’indulgenza plenaria sinceramente pentiti e confessati, come disposto nella Bolla del Perdono del 1294 di Papa Celestino V.
L’Arcidiocesi dell’Aquila ha precisato le modalità dettagliate per l’acquisto dell’indulgenza, per se stessi o per un defunto:
1) visitare la basilica tra i vespri del 28 e quello del 29 agosto e recitare il credo, il Padre nostro e la preghiera secondo le intenzioni del pontefice;
2) accostarsi alla confessione e alla comunione eucaristica, entro gli 8 giorni precedenti o seguenti. www.perdonanza-celestiniana.it