La Convenzione di Istanbul che sollecita gli Stati a proteggere le vittime di violenza di genere, è praticamente inapplicata anche in Italia. Lo dice il Rapporto sulla violenza di genere e domestica nella realtà giudiziaria approvato il 17 giugno dalla Commissione d’inchiesta del Senato sul femminicidio, presentato in Senato qualche giorno fa.
Stando ai dati dell’indagine, emersi dai questionari distribuiti tra Procure e tribunali ordinari e di sorveglianza, Consiglio superiore della magistratura, Scuola superiore della magistratura, Consiglio nazionale forense ed Ordini degli psicologi, nel triennio 2016/2018, nel 90% dei casi, nonostante ci siano magistrati specializzati, non è detto che siano chiamati ad occuparsi di casi di violenza di genere.
Peraltro solo il 12.3% delle strutture giudiziarie, segnala di avere magistrati preparati ad occuparsi di violenza di genere, mentre le consulenze tecniche d’ufficio vengono portate avanti da esperti, ma troppo spesso non in materia, e non c’è scambio di informazioni tra procedimenti penali e civili per giudicare casi di violenza domestica anche alla luce di separazioni o divorzi.
Nel 10.1% delle Procure minori mancano magistrati specializzati.
Nel 95% dei casi, non si riesce a quantificare gli episodi di violenza domestica registrati nelle separazioni, divorzi o affidamenti dei figli.
Il 95% dei tribunali non sa indicare in quante cause il giudice abbia disposto una consulenza tecnica d’ufficio.
Il 95.5% ha risposto che non riesce a nominare consulenti esperti e specializzati in violenza di genere.
E solo nel 31.5% dei tribunali, in caso di violenza di genere domestica, vengono acquisiti atti del procedimento penale che riguarda le stesse parti in causa civile, restando un reato sempre più spesso invisibile nei tribunali civili.
Nel triennio in esame la Scuola superiore della magistratura ha organizzato solo sei corsi sulla violenza di genere.
Il 67% dei partecipanti è stato femminile e solo lo 0.4% degli avvocati ha scelto eventi formativi sul delicatissimo tema della violenza di genere.
Stesse carenze nei percorsi formativi degli psicologi, mentre sui 268 omicidi volontari nel 2020, il 42% è rappresentato da femminicidi.
All’incontro in Senato hanno partecipato Valeria Valente, presidente della Commissione d’inchiesta sul femminicidio e la violenza di genere; Maria Monteleone, magistrato; Linda Laura Sabbadini, direttrice centrale Istat; David Ermini, vicepresidente del Csm; Pietro Curzio, primo presidente della Corte di cassazione; Giovanni Salvi, procuratore generale della Corte di cassazione; Maria Masi, presidente del Consiglio nazionale forense e David Lazzari, presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine degli psicologi. Con la presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati.
Da ricordare che il Comitato dei ministri della Corte di Strasburgo, in relazione ad un brutto caso di cronaca, chiese qualche tempo fa al Governo italiano di attuare una serie di misure e fornire entro marzo 2021 informazioni su quanto fatto e dati, ma siamo evidentemente ancora lontani dall’avere il quadro di quanto accade nel nostro Paese sulla violenza di genere.
Strasburgo chiese che l’Italia creasse rapidamente un sistema completo di raccolta dati sugli ordini di protezione e fornisse anche statistiche sul numero di domande ricevute, i tempi medi di risposta delle autorità, il numero di ordini effettivamente attuati. Il Governo avrebbe dovuto fornire informazioni sulle misure prese, o da prendere, per garantire che le autorità competenti attuassero una valutazione e gestione adeguata ed effettiva dei rischi legati al ripetersi e aggravarsi degli atti di violenza domestica e quindi dei bisogni di protezione delle vittime.
Tuttavia, l’Italia, non riesce ancora a fare di più.