E’ morto a 101 anni Lawrence Ferlinghetti.
Poeta, romanziere, drammaturgo, libraio, editore e pittore, così lo narra minimum fax, nel 1953 fondò a San Francisco City Lights, la prima libreria al mondo a vendere esclusivamente tascabili diventando poi casa editrice, pubblicò fra gli altri, Howl and other poems di Allen Ginsberg, lettura simbolo della beat generation.
Ferlinghetti coltivò l’amicizia con Allen Ginsberg, e poi con Gregory Corso, Jack Kerouac, William Burroughs, Diane Di Prima e Peter Orlowsky, pubblicò Charles Bukowski, di cui raccolse in un volume gli articoli pubblicati nella rubrica settimanale, Diario di un vecchio porco.
Ferlinghetti ha scritto poesie, due romanzi, Lei e L’amore ai tempi della rabbia, e due raccolte di testi teatrali, Routines e Unfair Arguments with the Existence. Quasi tutte le sue raccolte di versi sono pubblicate in Italia da minimum fax, Strade sterrate per posti sperduti, Il senso segreto delle cose e il volume Poesie vecchie e nuove, che unisce due precedenti raccolte di poesie pensate dall’autore per minimum fax, Scene italiane e Non come Dante. Negli ultimi anni della sua vita si è dedicato soprattutto alla pittura. Lo chiamavano little boy perché un poeta guarda per sempre il mondo con gli occhi di un bambino, nella sua libreria e casa editrice, iniziò un’epoca che avrebbe cambiato la cultura.
Per aver pubblicato L’urlo subì un processo per oscenità e fu condannato al carcere, ma la sua libreria diventò il luogo del pacifismo, degli incontri, degli artisti che potevano recitare le loro opere, non si considerava un beat, con lui se ne va l’ultimo scampolo di quell’America tanto cara a Fernanda Pivano, che tradusse i poeti beat, li portò in Italia con le sue interviste e li condivise col grande amico Fabrizio De André.
La beat generation voleva uscire fuori dagli schemi attraversando la musica, la letteratura e l’arte contro ogni conformismo. Fu un gruppo di intellettuali, intorno agli anni cinquanta, a rivoluzionare un mondo attirando giovani, poeti e artisti. Una corrente ribelle di grandi sperimentazioni e trasgressioni, con L’urlo di Allen Ginsberg (1956), che ne è diventato il simbolo, Il pasto nudo di William Burroughs (1959) e Sulla strada di Jack Kerouac (1957).
Bisognava combattere la censura, ribellarsi agli schemi, promuovere una nuova creatività ispirandosi alle visioni di William Blake, e poi lo spiritualismo, i viaggi, il pacifismo, la vita vissuta nella più totale libertà, nel pieno rispetto dell’ambiente circostante e con un nuovo linguaggio, rivoluzionando gli schemi del rock e le convenzioni del folk con artisti come Janis Joplin, Patti Smith e Bob Dylan.
La Columbia University diventò il luogo simbolo con Allen Ginsberg che conobbe Lucien Carr e gli fece conoscere Burroughs e Kerouac. L’urlo ispirò poi Francesco Guccini in ‘Dio è morto’, ho visto la gente della mia età del cantatore, è ho visto le menti migliori della mia generazione distrutte dalla pazzia, affamate nude isteriche, trascinarsi per strade di negri all’alba in cerca di droga rabbiosa di Ginsberg.
L’urlo della coscienza che si ribella per affermare l’individuo libero e unico contro il consumismo della società americana degli anni cinquanta che alienava, il progresso che deprimeva, la censura che opprimeva. Un modo provocatorio di esprimersi, per narrare di visioni, le stesse di William Blake a cui s’ispirò anche Jim Morrison, che alla fine degli anni sessanta proseguì su quella stessa scia, nel percorso di ricerca. Le droghe, Dio, lo spiritualismo, un mondo che cambiava e a cui bisognava ribellarsi il cui ultimo punto di riferimento, ormai centenario, se n’è andato appena qualche giorno fa.