La cultura non isola, è stato lo slogan con cui l’isoletta di Procida s’è aggiudicato il titolo di Capitale italiana della cultura 2022. E speriamo che il titolo possa davvero rilanciare la piccola realtà di pescatori, in un progetto ampio e diffuso, e che non sia risucchiato da realtà più grandi, isolane, che rischiano di inghiottirla. Ed è ciò che potrebbe accadere con l’isola di Ventotene, visto che il commissario per la riqualificazione dell’ex carcere di Santo Stefano, Silvia Costa, il giorno della proclamazione di Procida, ad AgCult, ha dichiarato: “Possiamo essere capofila di una prospettiva strategica interessante”. Possiamo chi?
La rete che ha portato Procida alla vittoria è una bella rete insulare nata proprio per lavorare ad una cultura diffusa e patrimonio di tutti, tant’è che all’indomani della vittoria, se Trapani, tra le dieci finaliste tra cui anche L’Aquila, ha perso, l’isola di Favignana ha sorriso, dato che da isola a isola s’è stabilito una sorta di partenariato e tutte le isole italiane hanno dato il loro contributo al progetto, narrano le cronache siciliane dello scorso 18 gennaio. Benissimo. Ma se così è, quant’è normale che il presidente della giuria, nominata dal Ministero per i beni culturali, sia stato Stefano Baia Curioni? L’architetto Curioni è tra gli esperti selezionati da Silvia Costa per integrare lo studio di fattibilità per il recupero dell’ex carcere di Santo Stefano/Ventotene in un progetto da 70mln di euro. Ebbene, non ravvisiamo nessun possibile conflitto d’interessi in questo ruolo?
Copio da Wikipedia: Il conflitto di interessi è una condizione giuridica che si verifica quando viene affidata un’alta responsabilità decisionale a un soggetto che ha interessi personali o professionali in contrasto con l’imparzialità richiesta da tale responsabilità, che può venir meno a causa degli interessi in causa.
Ora se il ‘sistema’ insulare italiano della candidatura, ha generato una bella rete di cui fa parte anche Ventotene, quanto potrebbe essere stata libera la scelta di Curioni? E quanto potrebbe essere stata scevra da condizionamenti quella di Cristina Loglio, già nel Cda della Fondazione Campania dei Festival, tra gli sponsor della candidatura di Procida, e che figura nello staff del commissario Silvia Costa per il recupero del carcere di Santo Stefano?
Il problema è proprio questo: la trasparenza dei criteri con cui vengono scelti i membri di una giuria che non dovrebbero avere alcun legame, ripeto alcun legame, con una selezione pubblica. Ventotene è anche negli interessi di rilancio del Lazio e di Nicola Zingaretti, segretario Pd, che ha promosso una legge che valorizza Ventotene come luogo della memoria europeista, che vuol dire una bellissima cosa, vuol dire rete, vuol dire sistema culturale ma anche fondi, tanti fondi, nazionali ed europei che tuttavia proprio per questo pedigree, rischiano di lasciare al palo una piccola realtà di pescatori com’è Procida, favorendo invece una densità di bruttissime ombre nell’assegnazione del titolo, vista la manifesta conflittualità d’interessi ed il minuetto di incarichi e ruoli, tra proponenti e giudicanti, prima a Matera e poi a Procida, con il rischio che in futuro, quella che dovrebbe essere una bellissima idea, la Capitale italiana della Cultura pensata dal lungimirante Dario Franceschini, si riduca ad un minestrone di accordi dove gli attori protagonisti sono sempre gli stessi, ed è facile, perché è facilissimo, l’incidente del favoretto all’italiana.
Irrigidirei dunque i criteri, ora, perché ne va della credibilità dell’evento.
L’Aquila meritava sicuramente di più. Finalista tra le dieci, dopo anni in cui non siamo riusciti neanche a presentare uno straccio di candidatura, è stata lasciata sola, non ha avuto una comunità se non i soliti acidoni a tentare di disarcionare in ogni occasione un progetto con un respiro finalmente diverso, da cui ripartire ora, magari con un bel diger selz per chi non riesce a digerirlo.