Mentre l’amministrazione aquilana mette mano al nuovo Piano regolatore con estremo ritardo e visioni poco attuabili, il modello pensato per la ricostruzione privata, più volte modificato, non va. E non va perché l’Ufficio speciale è una macchina che consuma denaro, riferisce a Roma quanto e come si spende all’Aquila, ma non fa correre le pratiche. Con un centro storico, immagino cosa accadrà con le frazioni, zeppo di abusi edilizi da eliminare, su cui pagare le sanzioni e su cui nessuno potrà mai certificare con certezza se l’abuso abbia causato un crollo, e sono tutte pratiche che oltre i tempi lunghi dell’Ufficio speciale, dovranno passare anche in Consiglio comunale, che dovrà votare permessi a costruire in deroga al vigente Prg che d’altra parte, consente solo i restauri conservativi, quindi per qualunque ricostruzione servirà il via libera dell’Aula alla deroga. Una scelta che volle con forza l’assessorato di Di Stefano ma che pure oggi mostra grossi limiti perché c’è il rischio che anche per spostare una finestra, occorrerà il pronunciamento dei consiglieri, mentre non esistono regole uguali per tutti, figurarsi con le frazioni dove parecchia edilizia non risulta abitabile, quindi mancherebbero perfino i titoli di legge per avere i contributi pubblici. E c’è anche il rischio che i cittadini rifacciano faccia al Consiglio, come nel caso di un consorzio in piazza Nove Martiri per cui solo perché i rappresentanti degli aquilani avrebbero voluto approfondire la questione degli abusi, il presidente ha fatto sapere che la competenza è solo dell’Ufficio speciale, peraltro un progettista dell’aggregato, ingegner Alberto Lemme è, anzi è stato, ma il tempismo sulle dimissioni conta poco, anche consulente dell’Ufficio speciale, in una conflittualità d’interessi nella ricostruzione, che pure la Legge Barca del 2012 vieta. Non se n’era accorto nessuno? Quello che si vede all’orizzonte, ma già ne è piena la periferia è una marea di ricorsi al Tar contro le pubbliche amministrazioni e di cause civili contro le imprese che porteranno la paralisi definitiva ad un processo che a sei anni dall’evento sismico non prende ancora la giusta piega, in compenso i milioni in consulenti continuano ad andare.