Come cambieranno lavoro, economia e ricchezza una volta usciti dalla pandemia? Se l’è chiesto Romano Prodi in un interessante editoriale di qualche giorno fa.
Serviranno molti più lavori elementari e standardizzati e sempre meno categorie intermedie, per il professore. Nel commercio sta già sbancando l’on line, serviranno specialisti informatici, ma molti più fattorini, facchini e addetti alla consegna. I negozi, un tempo simbolo di una classe intermedia, che contava su un futuro in qualche modo garantito e tranquillo, rischiano di essere travolti, ma ciò avviene in quasi tutti i settori della società, dalle banche ai sistemi industriali, con diversa intensità.
E sta cambiando anche il modo di lavorare. Il lavoro a distanza porta flessibilità negli orari e nell’organizzazione della famiglia, viaggiando di meno inquiniamo di meno ma col tempo il rapporto di lavoro si trasformerà, diventerà più fragile, porterà cottimo e precariato, per la prospettiva che delinea il professore, mentre d’altra parte, l’avanzata della tecnologia sta generando imprese potentissime, con una ricchezza accumulata senza precedenti. La quotazione Apple eguaglia il pil italiano e l’aumento di valore delle azioni di Amazon, nei primi mesi della pandemia, si avvicina ai due terzi dell’intero programma di aiuti decisi dall’Unione Europea. Le differenze sociali sono sempre più profonde, avremo ricchissimi e poverissimi con una classe media che scomparirà, se non agiremo in fretta, avvisa Prodi, ci troveremo di fronte a insanabili rotture della nostra convivenza civile.
Ma la politica non è pronta o forse ancora non ha capito il momento storico. Le opposizioni fingendo di credere nelle esclusive forze del libero mercato, spiega, chiedono di abbassare le tasse, le forze di governo distribuiscono risorse a pioggia cercando di accontentare tutti senza avere la forza di preparare il futuro. Di fronte alla mancanza di un disegno, tutte le richieste, tutti gli interessi, assumono lo stesso diritto di essere rappresentati. Portando l’esempio delle battaglie per l’adeguamento dello stipendio del pubblico impiego, che per quanto giuste, non crede sia questo il momento, essendo la categoria tra le meno colpite.
La nostra politica, terminata la fase dei sussidi emergenziali, non è in grado di impostare alcun argine alla crescita delle disparità che fatalmente aumenteranno nel post pandemia. Chiunque avanzi l’ipotesi di un sacrificio a chi ha di più o ha avuto giovamento dalla crisi viene seppellito dall’accusa di voler introdurre la patrimoniale o un socialismo di Stato.
E gli aiuti europei? Sono un anestetico, un alibi per rinviare scelte non rinviabili nel campo degli investimenti, della preparazione delle risorse umane, della rivoluzione della sanità di base e dell’impostazione di un minimo di giustizia fiscale. Insomma non c’è più tempo da perdere, c’è da cambiare un Paese, eliminare le burocrazie, alleggerirlo, andare avanti con una nuova prospettiva che dia speranza e opportunità di futuro che non sia impoverimento certo, tra vecchie e nuove diseguaglianze. Le infinite mediazioni e i confronti quotidiani Stato/Regioni hanno fatto il loro tempo, non solo per gli italiani, ma anche per l’Italia, c’è urgente bisogno di vaccino, conclude un lucidissimo professore.
E non si riferisce certo al virus, ma a un cambio di rotta totale per cui o rivoluzioniamo l’approccio, oppure saremo asfaltati. Siamo preparati? In questi giorni gli appelli accorati delle associazioni di categoria per bloccare il black friday virtuale, per concorrenza sleale, non hanno ottenuto nulla, non si può più arginare una valanga con le mani nude dei commercianti, come non si potrà campare di sussidi a vita, mentre le tasse per sostenere i sussidi, lo scostamento di bilancio di oggi è di 8mld, ci decimeranno definitivamente.