Le linee guida per la gestione e la distribuzione dei vaccini anti covid devono essere inviate in queste ore al commissario Arcuri, ma non sappiamo ancora nulla. L’Italia deve prepararsi a somministrare 120milioni di dosi, e a dover reggere sarà ancora una volta la sanità territoriale e locale.
Il vaccino Pfizer va conservato a meno 70 gradi, non sappiamo se siamo attrezzati, ancora rincorriamo la campagna antinfluenzale, questa volta Arcuri gioca d’anticipo, dovrà organizzare la partita per gli acquisti di milioni di aghi e siringhe, ma le Regioni devono fare in fretta.
Tra queste anche l’Abruzzo, intanto 90mila dosi da gestire, con l’incognita della logistica e di chi è contrario.
Il Ministero della Salute lavora ad una piattaforma informatica in cui inserire i vaccinati per una tracciabilità territoriale e già fioriscono le polemiche, polemiche da avvalorare con fondamenti scientifici che rischiano di turbare le scelte di chi, vuole tornare ad una vita normale.
Secondo un’indagine pubblicata su Il Messaggero, il 65% degli italiani che non vuole fare il vaccino teme che non sia stato sperimentato abbastanza, chi dice no è il 15%, credo di no 20%, sicuramente sì il 15%, credo di sì il 35%, mentre il 15% non sa. Una vaccinazione che dovrebbe partire da metà gennaio, l’intero Paese, noi in particolar modo, siamo stati travolti dalla seconda ondata, chi sa come andrà a finire col vaccino anti covid, per il quale non c’è una campagna di sensibilizzazione e di conoscenza dei prodotti già testati.
Toscana, Lazio, Veneto ed Emilia Romagna sarebbero già pronte. Bisogna individuare i presidi dove somministrarli, il target di cittadini, sicuramente subito sanitari e fasce più fragili, ogni presidio dovrà coprire 2mila o più persone in breve tempo, per un Paese che dovrà essere pronto, già da fine gennaio, a somministrare 3.4 milioni di dosi, lo Pfizer è praticamente validato, ma è in dirittura d’arrivo la commercializzazione di altri vaccini autorizzati dall’Agenzia europea del farmaco.
Ci siamo emancipati dal vaiolo e dalla poliomelite attraverso il vaccino, ci dobbiamo mettere in testa che se vogliamo uscire da una situazione come questa, l’unico modo per liberarci, a parte il lockdown, è creare l’immunità di gregge, ha rilevato in conferenza stampa Franco Locatelli, del Consiglio Superiore di Sanità. E’ fondamentale sensibilizzare alla vaccinazione come dovere morale verso se stessi e verso gli altri. Avere più vaccini validati con percorsi garantiti è una fortuna, perché se qualcuno non risponde a un vaccino, può farne un altro tipo, potremmo chiamarla strategia integrata.
Ci sarà quindi un patentino? Dovrebbe essere un archivio di chi si vaccina, per Brusaferro dell’Istituto Superiore di Sanità, un Paese come il nostro, che introduce il vaccino, deve avere un registro vaccinale in cui inventariare tutto quello che abbiamo fatto come morbillo, rosolia, vaiolo, poliomelite e anche covid. E’ un registro vaccinale, sarebbe impensabile gestire diversamente una buona pratica sanitaria.
E i bambini? Anche la popolazione pediatrica andrà considerata nella strategia di vaccinazione, ha spiegato ancora Locatelli. I bambini rispondono meglio rispetto ad adulti ed anziani quindi a maggior ragione più in là, non in questa prima fase.
Siamo dunque pronti? Perché ancora non se ne parla? Saremo in affanno anche stavolta?
L’Abruzzo è intanto ufficialmente zona rossa e avrà diritto ai ristori.
L’epidemia è più stabile ma la situazione è ancora critica, bisognerà vedere se il dato si assesterà e comincerà a scendere, per Brusaferro, Locatelli e Rezza del Minsitero della Salute, ancora cauti nell’esprimersi sul dato generale.
In una settimana l’incidenza dei casi è di 351 nuovi casi su 100mila abitanti, in Abruzzo siamo su 325,4 per 100mila abitanti per un indice di contagiosità di 1.29, a fronte di un 1.18 dell’intero Paese. Dobbiamo scendere sotto l’1, ha sottolineato ancora una volta Brusaferro, solo così riprenderemo in mano il tracciamento e alleggeriremo la pressione sugli ospedali ormai tutti in affanno.
Prima dell’Abruzzo per contagiosità, solo la Basilicata (1.54) e la Toscana (1.44) e solo tre Regioni sotto la soglia critica dell’1, Liguria (0.92), Lazio (0.9) e Sardegna (0.84).
Ma quanto sono affidabili questi dati? Ogni Regione li raccoglie in maniera diversa e com’è possibile che una Regione come il Lazio ha un indice così basso? Non si sa.
D’altra parte 700 decessi in 24 ore non è un dato rassicurante, per Gianni Rezza, il vantaggio dei dati quotidiani è quello di essere di rapida consultazione ma non sono stabili come quelli settimanali, la curva dei casi tende ad appiattirsi, ha aggiunto, bisogna solo aspettare ed osservare.
Nel frattempo inseguiamo il dato tentando di arginarlo, tamponando alla meglio la crisi ospedaliera. L’assessore alla Sanità, Nicoletta Verì, ha comunicato che dal 30 novembre saranno disponibili i test sierologici in circa 500 farmacie abruzzesi, con priorità alle categorie più a rischio e fragili.
Secondo Franco Locatelli, per le cariche virali più elevate i test rapidi hanno un’ottima sensibilità, il problema può presentarsi su cariche virali più basse con i portatori che hanno un potere contagiante molto basso se non proprio assente. Tutto ancora da vedere, quindi, e nel frattempo si corre.
E Natale? La strategia sta dando i suoi frutti, ha concluso Locatelli, ma non è finita. Finché non avremo un numero di vaccinati sufficientemente elevato nel Paese e nel mondo, non avremo alternativa ai comportamenti virtuosi del distanziamento sociale, della mascherina e dell’igiene. Non possiamo pensare che a Natale potremo fare un’eccezione se non vanificando tutti gli sforzi e i sacrifici di queste settimane, dovrà essere un Natale responsabile, diverso dagli altri. Il Governo cerca di contemperare la tutela della salute con il tentativo di mantenere un tessuto economico senza penalizzarlo, per questo cerchiamo di stratificare il rischio per incidere con le chiusure chirurgicamente evitando un lockdown generalizzato.
Dunque continueremo ad andare avanti così, stop and go stop and go per alcuni per almeno altri sei/otto mesi, con la consapevolezza che in Italia l’indice di mortalità è particolarmente elevato, ma secondo gli scienziati dipende dall’età mediana dei decessi intorno agli 80 anni e dal fatto che la vita media, nel bel Paese, è molto più lunga.