Con 237 voti favorevoli, 119 contrari e 57 astenuti, la Camera dei Deputati ha ratificato la Convenzione di Faro, siglata in Portogallo il 27 ottobre 2005 e firmata dall’Italia nel febbraio 2013.
Secondo il Fai, Fondo ambiente italiano, la Convenzione introduce una visione più ampia di patrimonio culturale, inteso come un insieme di risorse ereditate dal passato che le popolazioni identificano, indipendentemente da chi ne detenga la proprietà, come riflesso ed espressione dei loro valori, credenze, conoscenze e tradizioni, in continua evoluzione e affida uno specifico ruolo, una grande responsabilità e un protagonismo prima impensabile alle ‘comunità patrimonio’, cioè a un insieme di persone che attribuisce valore ad aspetti specifici del patrimonio culturale, e che desidera, nel quadro di un’azione pubblica, sostenerli e trasmetterli alle generazioni future.
Per il Fai si modifica il punto di vista tradizionale, dal vertice alla base, dal valore in sé al valore d’uso e, dunque, dei fini, dalla museificazione alla valorizzazione.
Si afferma il diritto al patrimonio culturale da parte dei cittadini. Si affida a tutti i cittadini, alle comunità locali e ai visitatori un nuovo ruolo nelle attività di conoscenza, tutela, valorizzazione e fruizione, inoltre si invitano i Paesi sottoscrittori a promuovere azioni per migliorare l’accesso al patrimonio culturale, in particolare ai giovani e alle persone svantaggiate, al fine di aumentare la consapevolezza del suo valore, la necessità di conservarlo e i benefici che ne possono derivare.
La Convenzione è stata ratificata da 20 Paesi.
Armenia, Austria, Bosnia-Erzegovina, Croazia, Finlandia, Georgia, Lettonia, Lussemburgo, Montenegro, Norvegia, Portogallo, Moldova, Serbia, Slovacchia, Slovenia, ex Repubblica Jugoslavia di Macedonia, Ucraina, Ungheria, Svizzera e Italia.
Francia, Germania, Regno Unito, Grecia e Russia ancora non firmano.
Chiunque, da solo o collettivamente, ha diritto a trarre beneficio dall’eredità culturale e a contribuire al suo arricchimento; chiunque, da solo o collettivamente, ha la responsabilità di rispettare parimenti la propria e l’altrui eredità culturale e, di conseguenza, l’eredità comune dell’Europa; l’esercizio del diritto all’eredità culturale può essere soggetto soltanto a quelle limitazioni che sono necessarie in una società democratica, per la protezione dell’interesse pubblico e degli altrui diritti e libertà, articolo 4.
Nell’ottobre 2019, il Senato votò per l’adozione della Convenzione, con 147 voti favorevoli, 46 contrari e 42 astenuti. Favorevoli Pd, M5S, Italia Viva e Liberi e Uguali, con i voti contrari della Lega e l’astensione di Forza Italia e Fratelli d’Italia. Ora, l’approvazione definitiva da parte della Camera.
La ratifica della Convenzione di Faro segna un momento fondamentale per il nostro ordinamento che riconosce, finalmente, il patrimonio culturale come fattore cruciale per la crescita sostenibile, lo sviluppo umano e la qualità della vita e introduce il diritto al patrimonio culturale, ha dichiarato il ministro per i Beni le attività culturali e il turismo, Dario Franceschini. Un testo lungimirante che amplia le modalità di tutela e valorizzazione, così come è lungimirante la nostra Costituzione, unica al mondo a individuare la tutela del paesaggio e del patrimonio culturale tra i principi fondamentali.
In riferimento all’articolo 4, secondo Lega e Fratelli d’Italia, la Convenzione di Faro conterrebbe una resa alla censura islamica della nostra arte e delle sue nudità, in quanto l’esercizio del diritto all’eredità culturale può essere soggetto soltanto a quelle limitazioni che sono necessarie in una società democratica, per la protezione dell’interesse pubblico e degli altrui diritti e libertà. Tuttavia, altrui diritti e libertà, non riguarderebbero in alcun modo il diritto di censura.