Obiettivi principali erano quelli di portare la comunità ad essere parte attiva di un processo di ripensamento di se stessa, di lavorare ad una crescita della scena creativa locale e di scardinare la città e il territorio entro cui la vecchia cultura agiva lavorando senza teatri, senza spazi classici, invadendo centri e periferie con nuovi contenuti, in una delle terre più dimenticate del Sud, riflette su AgCult Emmanuele Curti, consulente, tra l’altro, di Matera 2019.
Ruolo cruciale il teatro, palestra per confrontarsi con una nuova dimensione territoriale, sfidando luoghi, dando la parola ai cittadini nel viverli, allontanandosi dalle consuetudini novecentesche, per costruire nuovi approcci. Normali cittadini che attraverso il processo di presenza in questi lavori, hanno fatto esperienza di comunità, si sono riconosciuti come collettività in forme di teatro, ‘palestre’ di cittadinanza.
‘Che cosa vorrebbe che continuasse dopo il 2019?’, ha chiesto alla cittadinanza Fondazione Matera 2019, il 62% degli intervistati vorrebbe che Matera e la Basilicata restassero un luogo dove si produce cultura, come quel modello di cultura a cui hanno preso parte.
Un’idea di cultura, per Curti, che costruisce fiducia e senso di appartenenza, una nuova idea di welfare culturale, che dovrebbe servire a ripensare il concetto stesso di welfare e dello stare bene. Un esercizio che la politica non sembra più in grado di costruire. Ma che la cultura, invece, ha dimostrato di saper sperimentare, dando forse nuovo senso alla politica stessa e forse questa è la vera grande sfida: uscire dalle nicchie del nostro fare, riflette ancora, dagli spazi, gesti, vocaboli, consueti, per andare a contaminare l’esercizio di cittadinanza.
In nome di questo nuovo welfare culturale mi ha colpito di recente il nuovo piano per il Sud 2030 lanciato dal ministro Provenzano, prosegue Curti, il documento parla di cultura, la cui parola, nelle sue varie declinazioni, compare ben 50 volte nel testo. Cultura nelle scuole, per l’appunto, o nell’approccio alle aree interne , fra l’altro citando Matera 2019 come modello di ‘strada chiara’ da seguire, o genericamente come elemento che nutra il cambiamento.
Ed è su questa strada che ora bisogna sfidare la politica: a ridosso di nuove elezioni amministrative comunali, Matera 2019, ha generato una volontà di cambiamento, di adesione a nuovi modelli di gestione della città e del territorio?
Servono nuovi meccanismi che sappiano mettere insieme le sollecitazioni generate. Ad esempio la Fondazione pensata per rispondere a Bruxelles dovrà andare oltre se stessa in linea con quanto espresso dalla cittadinanza: deve sapersi ri-pensare, secondo modelli nuovi, dando linfa alle dinamiche accese, ai corti circuiti generati durante questo anno di sperimentazione; ponendo al centro un luogo costante di riflessione e di ricerca come potrebbe essere la nuova Open Design School, progetto pilastro di Matera 2019, al servizio di un ‘design’ che si confronti con nuove forme dell’abitare, del costruire insieme, del sentirsi comunità.
Tanto abbiamo ancora da fare, conclude Curti, insistiamo sulla cultura come elemento da cui ripartire per il cambiamento, per ridare senso a quel tratto della polis europea che abbiamo dimenticato. Riprendiamo la discussione.