Il documento preliminare del nuovo Piano regolatore, sarà presentato a breve alla città. Quello vigente è del 1975, pensato per una popolazione sovradimensionata, per cui è già stato sfruttato al massimo nelle edificabilità, partorendo quartieri molto popolosi come Pettino, ed ambiti, almeno fino al 6 aprile 2009, sulla faglia e senza alcuna identità. A questo s’è aggiunta la normazione delle aree a vincolo decaduto, 675 ettari di terreno, prima destinati a verde pubblico attrezzato, resi edificabili dall’amministrazione costretta a muoversi dalla Corte dei conti, per i continui commissariamenti richiesti dai proprietari che volevano costruire, e 19 nuovi quartieri, le new town, sorti su terreni agricoli espropriati con l’emergenza post sisma ed oggi edificati. A tutto ciò, dovrebbero dare un’anima, se non fosse che col nuovo Piano sfrutteranno le ultime edificabilità dimenticando che a Pettino c’è una faglia, si ricostruisce da sei anni ormai senza problemi e la zona non è stata vincolata, dimenticando il rischio idrogeologico in parecchie aree, anche in quelle dove sono sorti i manufatti temporanei, che pure eroderanno altro potere edificatorio del Piano, e che ancora manca una conoscenza sismica ed idrica del sottosuolo. Interessa molto poco capire dove rinascerà una città, dove andranno scuole e chiese, cosa succederà nelle aree industriali, dove dopo il sisma si sono ricollocati artigiani, bar, commercio e studi professionali, ed anche a voler prendere per buone le promesse della politica, mi chiedo come possano diventare realtà programmata, se hanno già previsto un polo scolastico in una vecchia caserma o il Villaggio della gioventù con i Fondi Meloni, nel vecchio asilo occupato in viale Duca degli Abruzzi. Come potrà il futuro dell’Aquila diventare urbanisticamente più bello, ordinato, vivibile e qualificato francamente mi sfugge. Perché poi piccoli teatri e palazzetti, auditorium e caffè letterari sono stati finanziati, piantati a cavolo dentro e fuori la città, sono probabilmente in itinere nelle progettualità, quindi c’è veramente molto poco da reinventare o migliorare, nei contesti urbani, se non quei fazzoletti di terra utili ancora a costruire.