A Centi Colella sicuramente meglio il commerciale che il direzionale, nella variante urbanistica approvata dalla Giunta Biondi che ora andrà al vaglio del Consiglio comunale. Parliamo di diritti acquisti da privati con un Piano regolatore di oltre quarant’anni fa, che avrebbero potuto scatastare ulteriormente le possibilità di vita di un centro storico, se avessero realizzato altro direzionale.
Direzionale vuol dire uffici e gli uffici anche pubblici devono tornare in centro storico, perché senza uffici una vita vera non tornerà.
Di battaglie su una nuova pianificazione post sisma nel decennio trascorso ne abbiamo fatte di davvero cruente, proprio perché la Giunta Cialente, subito dopo il sisma, avrebbe avuto mille possibilità di ripensare la città ma non lo ha fatto.
Con un Piano commerciale fermo al 2002, lo siglò l’allora assessore Corrado Ruggeri della Giunta Tempesta, e con il sisma del 6 aprile 2009 per cui sono cadute le ultime regole, in centro all’Aquila, come nelle frazioni, possono aprire tutti gli esercizi che vogliono senza destinazione urbanistica particolare, non serve nulla, pur di ravvivare un cuore civico, dove però la concorrenza sta diventando un tutti contro tutti, perché senza le funzioni vitali di uno o più uffici postali, banche e centri direzionali non tornerà ad essere nulla di più se non terra di speculazioni senza regole dove a cadere è sempre l’esercizio commerciale più fragile. Come in effetti sta accadendo.
Quando mettiamo mano ad un Piano commerciale? Quanti negozi possono stare in centro e quali le dotazioni nei vari pezzi di città? Negozi ed attività commerciali hanno riaperto ovunque, subito dopo il sisma ed oggi rischiano di restare a vita, casette di legno arrangiate e tollerate ovunque, come può un’amministrazione civica negare un insediamento a chi ha diritto, quando le regole non ci sono da dieci anni?
L’assessore alla pianificazione Luigi D’Eramo mi spiega al telefono che i titolari di terreni edificabili stanno chiedendo la retrocessione perché non vogliono più costruire e non vogliono pagare più le tasse su terreni edificabili, se ci fossimo concentrati in un decennio sul riuso degli edifici sfitti e delle aree dismesse, sulla rigenerazione urbana e sulla riqualificazione energetica con demolizione e ricostruzione di edifici che consumano troppa energia, oggi saremmo forse a buon punto. Al contrario da noi demolizioni e ricostruzioni sono state decise singolarmente da ogni proprietario e questa è già storia. Il rientro in centro storico dovrà essere affiancato dai parcheggi ed i parcheggi sono incastonati nel Piano urbano della mobilità sostenibile che dovrebbe lavorare anche a decongestionare il traffico riequilibrando le zone ovest ed est della città. Mi ricordo che in una primissima rivisitazione post sisma, previdero nel Pum, allora Piano urbano della mobilità, ztl in centro storico fin dal 2014. Un’utopia contro la quale nessuna voce critica e politica si levò. Oggi nel disastro di ritardi decennali non si può impedire ad un privato di esercitare il proprio diritto, non è un terreno agricolo diventato edificabile, senza regole saremo sempre costretti a scegliere il male minore. E’ la visione che dovrà diventare nuova per incrociare strategie ben oltre il classico Piano regolatore congegnato su carichi abitativi per demografia e disegnato non oltre i confini urbici: quand’è che cominciamo a ragionare con Capestrano piuttosto che con Campotosto anche in termini di vocazioni economiche, turistiche e quindi insediative? Intanto gli uffici pubblici che non tornano in centro continuano a vagare apatici, mentre si riaccendono i conflitti del piccolo commercio civico che combatte isolato con un resto del mondo che va avanti e rischia di ingoiarlo.