Per il nuovo Piano regolatore, quello vigente è del 1975, sono stati ingaggiati gli stessi consulenti che hanno lavorato per la ricostruzione ma senza cambiare di un millimetro l’idea urbanistica della città dell’Aquila. Senza cercare mai di riconnettere quel tessuto urbano medievale abusato dalle grosse speculazioni degli ultimi cinquant’anni, senza riuscire ad immaginare un grande progetto di recupero o di restauro innovativo, da portare come fiore all’occhiello. L’Ocse, nel 2012, consigliò di studiare per il centro storico un progetto che riorganizzasse i tempi del lavoro e del quotidiano in una visione urbana per cui L’Aquila non era, non è, e probabilmente non sarà mai pronta. Era l’esempio migliore per tentare sul serio la carta della candidatura a Capitale europea della Cultura per il 2019, ma l’allora assessore Pezzopane, non comprese la portata di quel linguaggio e non propose di fatto nulla del genere, umiliando la città con la bocciatura prevista nei mesi successivi. Un post sisma di una portata storica e apocalittica come quello del 2009, è rimasto nelle mani di un solo assessore, Pietro Di Stefano, che lo ha trattato come fosse una delega allo sfoltimento delle alberature pubbliche, avendo intorno sempre gli stessi consulenti, gente vicina all’apparato, pagata per fare il Piano di ricostruzione, ancor prima per lavorare al Piano strategico ed oggi al nuovo Piano regolatore senza cercare mai un’idea di città da ricostruire. Un futuro che si calcola da cinquant’anni solo sui metri quadrati da costruire, da aumentare, da affittare e da vendere e tutto il resto non conta. Non ci saranno grandi urbanisti, architetti, pianificatori, esteti, restauratori, gente di cultura, gente di rottura, gente che ha voglia di dire qualcosa di più, che non siano solo cubature e volumi, ma solo consulenti d’apparato che hanno calcolato come valutare economicamente i metri quadri da ricostruire che paga lo Stato, hanno sostenuto la politica, nel concepire la nuova edificabilità delle aree bianche del vecchio Piano regolatore ed ora, il tocco finale, e cioè come costruire quel che resta da edificare in base alla popolazione, su cui giocarsi le ultime speculazioni urbanistiche che L’Aquila potrà reggere.