Nella ricostruzione privata post sisma, tra fallimenti, tangenti, mazzette e sub appaltatori occulti, ingaggiati per fare caporalato sulla manodopera, c’è un enorme ginepraio di illeciti dove ritrovare la buona fede. Credemmo tutti nell’indennizzo perché ad ogni proprietario doveva essere garantita la possibilità di scegliersi l’impresa di fiducia, per ricostruire la propria casa, ed ecco il punto in cui siamo, un punto da cui bisogna arretrare per recuperare regole ferree e legalità. Lo Stato ha praticamente fallito nelle white list, non essendo obbligatorie né per le imprese né per i progettisti, ad oggi solo 300 in tutto sono certificati sui 5mila cantieri privati aperti. Anche i cittadini, in quanto beneficiari di indennizzi, avrebbero dovuto fare dei controlli sulle imprese che invece non sono stati fatti. Sull’adeguata capacità economica e finanziaria, con le cifre d’affari nell’ultimo decennio e le referenze bancarie, e sull’idoneità tecnico organizzativa con un organico capace, di supportare milioni di euro di lavori, con cui avere un minimo di tracciabilità. Tutte quelle idoneità messe insieme avrebbero fatto un punteggio, utile a garantire il cittadino sull’affidabilità di quell’impresa. Da allora è successo di tutto, ed anzi più che concentrare l’attenzione su questi fattori che di certo qualche garanzia l’avrebbero pur fornita, c’è stata solo la grande corsa all’accaparramento, in infuocate riunioni di condominio dove ognuno, non ultimi gli amministratori, ha presentato qualche impresa di fiducia. Il gioco che s’è poi innescato oggi lo conosciamo, ma lo sapevamo tutti da tempo, come andavano le cose. La stessa disoccupazione nel settore edile che registra L’Aquila e l’Abruzzo tutto, avrebbe dovuto far drizzare qualche antenna di più, invece di restare arroccati su pregiudizi noti, per cui probabilmente chi non lavora è perché non ne ha voglia. Questo fattore, infatti, oggi non riuscirebbe mai a spiegare l’impiego della manovalanza casertana nei cantieri aquilani, ed una prima idea ce l’ha fornita l’inchiesta aperta dalla magistratura sulle infiltrazioni mafiose, che peraltro, e sarebbe un’aggravante agghiacciante, avrebbero trovato terreno fertile proprio nelle imprese aquilane. La cosa surreale è che la città continua a muoversi nella più pacata e annoiata ordinaria amministrazione quotidiana.