Per la giornata internazionale contro la violenza sulle donne, Arcigay ha lanciato la campagna Nessun controllo sul mio corpo. L’autodeterminazione delle donne non si tocca.
Sei istantanee, sei polaroid, per fotografare la violenza più subdola, quella che limita l’autodeterminazione e la libertà delle donne sul proprio corpo, sul proprio orientamento sesso-affettivo, sulla propria identità di genere e sulle proprie scelte di vita, si legge nella nota stampa.
La campagna Nessun controllo sul mio corpo rimette al centro il corpo delle donne: un corpo liberato, non performante e non conforme, che chiede di occupare uno spazio pubblico e politico.
I corpi della campagna Nessun controllo sul mio corpo sono corpi senza volto perché la violenza sulle donne lesbiche, bisex, trans*, intersex e sulle donne che decidono di portare una gravidanza per altri/altre, così come la violenza che colpisce tutte le altre donne, non guarda in faccia nessuna, calpestando i diritti di tutte.
La violenza di cui si parla nella campagna non è solo la violenza fisica e psicologica, ma è anche la violenza che nasce da un sistema patriarcale e di oppressione alimentato da stereotipi e pregiudizi, basato sulla cultura dell’odio e del giudizio, rinforzata da una rappresentazione binaria della società. La violenza che si esprime attraverso un linguaggio sessista, non inclusivo, non rispettoso e per questo violento, che ammantandosi di paternalismo e di falsi moralismi, produce marginalizzazione e isolamento. A questa violenza le donne protagoniste della campagna non si arrendono. In tutte le istantanee, anche in quelle in cui l’immagine è più impattante, il messaggio che emerge è positivo: le donne sono pronte a lottare per difendere il proprio diritto all’autodeterminazione. Come? Fermando la mano che viola, la mano che abusa, la mano che interviene senza consenso. E scegliendo invece di stringere la mano che accoglie, che unisce, che genera amore, che si sceglie.
Infine, le protagoniste della compagna Nessun controllo sul mio corpo sono donne che prendono parola in prima persona, rifiutando ogni tentativo di sovra-determinazione da parte di altri/altre. Utero in affitto è violenza che si annida nel linguaggio o Non è una vagina a fare di me una donna, sono alcuni dei messaggi della campagna.
L’Arci è tra le 235 associazioni italiane che hanno firmato qualche mese fa l’appello di WAVE, Women Against Violence Europe, la rete europea dei Centri antiviolenza di cui fa parte anche D.i.Re per fermare l’attacco ai contenuti della Convenzione di Istanbul.
In particolare rispetto a due punti:
– sostituire i riferimenti all’uguaglianza di genere, con uguaglianza tra uomini e donne;
– consentire ai paesi di apporre delle riserve in sede di ratifica della Convenzione, agli articoli che avessero giudicato controversi e ideologici.
Richieste che avrebbero un grave impatto sulla prevenzione delle diverse forme di violenza e sulla protezione delle donne e ragazze che ne sono vittime, per cui rifiutiamo in toto ogni iniziativa tesa a consentire che si pongano riserve alle disposizioni chiave della Convenzione, si legge nell’appello.
Una campagna ed un appello perché la Giornata internazionale contro la violenza sulle donne diventi ancora più inclusiva superando i generi.