Un po’ di storia a proposito di partecipazione. Mi ricordo i passaggi ai primi di luglio del 2012, il lavoro dei capigruppo, i contributi dei consiglieri a quella che sarebbe poi diventata la Legge Barca, Fabrizio Barca era ministro, l’unica, dopo il decreto 39 del 2009, a normare il post sisma, eppure di partecipazione non ce ne fu proprio. I consiglieri avrebbero portato i loro emendamenti, all’emendamento da inserire al Decreto Crescita in sede di conversione, in una seduta convocata per il 12 luglio. La scadenza per depositare gli emendamenti alla Camera era però fissata per l’11 luglio, dunque il 9, quella futura norma decisa tra pochi in qualche segreta stanza, era già partita per Roma senza alcuna discussione pubblica. L’allora presidente del Consiglio Benedetti anticipò la seduta aperta, il grande confronto partecipato con la città e con i sindaci del cratere alle 8.30 del 10 luglio. Alle 13 di quello stesso giorno, Fabrizio Barca tenne una conferenza stampa a Roma per chiudere l’Emergenza Abruzzo, lo raggiunse il sindaco Cialente lasciando la seduta. I cittadini ed il Consiglio non decisero un bel niente, tant’è, ed è nella cronache, che in mano ai consiglieri arrivò solo la vecchia bozza dell’emendamento, perché quello definitivo era già in viaggio. Mi ricordo nella sala provinciale, il caldo incredibile di quelle sedie di velluto e mi ricordo il ministro Barca dire non c’è più tempo, se vi va bene passa così, altrimenti rischiamo di perdere anche il treno per la proposta. Era la fine dell’emergenza, di lì a poco il commissario Gianni Chiodi si sarebbe dimesso, si parlava del 4% per la ripresa socio economica da inserire, di maggiori controlli alle imprese, di una svolta nel processo di ricostruzione ed eccoci qua. Tutto ci passò sulla testa esattamente com’era accaduto nei regimi commissariali, mentre i consiglieri comunali alla fine si piegarono senza fare troppe storie e ai territori, arrivò una minestra già cucinata. Due Uffici speciali e un concorsone, un maxi emendamento, più controlli, ma solo alle imprese, l’impressione fu che ad un ginepraio di carrozzoni e di regole confuse, se ne stesse solo sostituendo un altro simile. Sei anni dopo, chiudiamo l’ultima edizione di #iopartecipo, con Barca in persona a rilanciare il concetto di partecipazione. E l’urgenza di un Dipartimento centrale permanente per la prevenzione, ricostruzione e sviluppo dei sismi, coniugando norme uguali per tutti che garantiscano equità di trattamento ai cittadini italiani.
Tra i vari cinguettii social: Terremoti e territori a confronto, un sussulto civico per far sì che i dati, le idee e le “realtà” ascoltate oggi, camminino e pesino. Oppure La partecipazione è libera e può e deve prevedere anche conflitto. Deve essere utilizzata sempre, non solo nella fase finale del processo politico. Nel 2012, abbiamo avuto la possibilità di interloquire, portare le nostre istanze e del cratere, di contribuire, decisero invece in pochi, e l’allora ministro Barca lo permise.