Limes, la più importante rivista di geopolitica italiana, ha recentemente pubblicato una mappa della penisola con segnate in bella evidenza le basi militari statunitensi e gli insediamenti italiani di Huawei e Zte, i colossi cinesi dell’informatica e delle telecomunicazioni, e a me, abituato a vedere L’Aquila come una piccola cittadina di provincia, fa un certo effetto vedere su quella mappa insieme ad Aviano, a Camp Darby o alla base Nato di Napoli, la seconda sussidiaria della Zte nella penisola, ossia lo Zirc, il centro di ricerca per la sperimentazione del 5G presso il nostro caro vecchio polo elettronico.
Inaugurato nel febbraio 2018 è realizzato in sinergia con il nostro ateneo, una collaborazione forte tanto che il prossimo 21 giugno il primo graduation day dell’Ateneo è sponsorizzato, oltre che dall’Ance, proprio dalla Zte.
All’Aquila Zte, Univaq e gli altri partner del progetto, testano alcuni impieghi del 5G, in risposta a un bando del Mise per la sperimentazione del nuovo standard tecnologico, tra questi la realtà aumentata nei musei, il monitoraggio degli edifici o la gestione del traffico.
Tutto molto bello ma allora che ci facciamo su una mappa insieme a Camp Darby?
In effetti sembra che sull’agenda dei Governi di mezzo mondo il dossier 5G sia in cima alla lista delle priorità con i servizi di sicurezza impiegati in prima linea, tra attività sottotraccia e veri propri colpi di scena come l’arresto di alcuni manager cinesi – accusati di spionaggio – in Polonia o quello della figlia del fondatore di Huawei in Canada nello scorso dicembre.
E che dire del ministro della Difesa britannico, liquidato in poche ore dalla carica per aver rilevato alcune discussioni sul 5G a un giornale.
Anche i servizi italiani, l’Aise e l’Aisi, hanno recentemente chiesto di essere auditi dal Governo Conte, e il Copasir, l’organo parlamentare che si occupa del controllo dell’attività dei nostri servizi, ha ascoltato Di Maio, il cui dicastero è titolare del dossier 5G, il quale, si legge dall’Ansa, avrebbe riferito di aver attivato tutti gli strumenti per verificare le condizioni di sicurezza dei sistemi destinati alle infrastrutture strategiche oltre ad aver paventato l’ipotesi di un irrobustimento del Golden power ossia dei poteri speciali esercitabili dal Governo in alcuni settori strategici, come difesa, sicurezza, energia, trasporti e comunicazioni, per evitare che finiscano nelle mani sbagliate.
Tutto avviene all’ombra del grande scontro tra Stati Uniti e Cina, una guerra commerciale, politica e culturale che da due anni è entrata nel vivo e che sul 5G gioca una delle sue partite principali. Un’escalation cominciata con i dazi americani da un parte e la nuova politica commerciale globale degli asiatici dall’altra, e giunta a un suo apice con la guerra dichiarata ai due colossi cinesi e al loro controllo delle infrastrutture 5G in molti Stati, tra cui il nostro.
In ballo non c’è solo il controllo di una mastodontica fetta di mercato dell’economia mondiale dei prossimi anni, ma anche il prodotto di questa nuova rivoluzione tecnologica, ossia l’informazione. Miliardi e miliardi di informazioni, il cui controllo non fa dormire la notte i Governi del pianeta. Che cosa sta per succedere con il 5G, infatti, non è ancora ben chiaro al grande pubblico a cui tutta la faccenda viene rappresentata come un’epocale innovazione tecnologica che migliorerà le nostre vite grazie ad un lineare progresso che dalle prime rudimentali reti Gsm per telefonare ovunque ci ha portato ai vari 3G e 4G dei nostri smartphone e che ora con il 5G andranno un po’ più veloci.
Siamo invece di fronte ad un vero salto tecnologico che gli addetti ai lavori paragonano all’invenzione dell’agricoltura o all’introduzione della macchina a vapore.
Velocità e latenza sono i due termini chiave, la velocità è più alla portata, è la velocità con cui scarichiamo o carichiamo qualcosa su internet, la latenza è l’intervallo tra l’invio di un segnale e la sua ricezione, la nuova tecnologia oltre a garantire una velocità di gran lunga superiore annuncia tempi di latenza infinitesimalmente piccoli rispetto al presente.
Le due cose aprono le porte all’ingresso dell’Intelligenza Artificiale in tutti gli aspetti della nostra società, è questo l’Internet delle Cose di cui cominciamo a sentir parlare.
Dalla casa, al lavoro o qualunque altro posto ci venga in mente e mentre facciamo qualsivoglia attività, tutto sarà connesso in ogni momento nel giro di pochi anni, dalle nostre auto alle nostre scarpe da ginnastica e tutto sarà probabilmente automatizzato o controllato dall’altro capo del mondo.
Un’annunciata quarta rivoluzione industriale che brucerà gran parte dei lavori che oggi svolgiamo per crearne di nuovi, anche se non si sa quanti, soprattutto superata la transizione.
Le più grandi multinazionali del pianeta sono già al lavoro, Amazon ha inaugurato i suoi primi supermercati senza personale, in cui si entra e si esce, senza doversi fermare alla cassa.
E’ un mondo nuovo, un salto nel buio o nella luce, permesso da questa possibilità di lavorare miliardi di informazioni contemporaneamente grazie alla connessione di qualsiasi cosa vediamo intorno a noi.
Una connessione permessa da centinaia di migliaia di ripetitori, celle e dispositivi, molti di più di quanti se ne possano oggi immaginare e di cui è incerto, secondo molti, l’impatto sulla salute, ma di questo parleremo nella prossima puntata.
*di Alessio Ludovici