La strage che, 55 anni or sono, colpì Milano, a Piazza Fontana, fu espressione del tentativo eversivo di destabilizzare la nostra democrazia, imprimendo alle istituzioni una torsione autoritaria.
Una ferita nella vita e nella coscienza della nostra comunità, uno squarcio nella storia nazionale.
Il 12 dicembre 1969 fu una giornata in cui i terroristi intendevano produrre una rottura nella società italiana, con ordigni fatti esplodere anche a Roma, generando caos e generalizzazione della violenza.
La Repubblica è vicina ai familiari delle vittime e sente il dovere della memoria.
Il popolo italiano superò una prova terribile. Fu anzitutto l’unità in difesa dei valori costituzionali a sconfiggere gli eversori e a consentire la ripresa del cammino di crescita civile e sociale. Milano fu baluardo e tutto il Paese seppe unirsi. Preziosa eredità e, al tempo stesso, lezione permanente giacché non era scontato.
Seguirono tentativi di depistaggio e di offuscamento della realtà. L’impronta neofascista della strage del ’69 è emersa con evidenza nel percorso giudiziario, anche se deviazioni e colpevoli ritardi hanno impedito che i responsabili venissero chiamati a rispondere dei loro misfatti.
La pressante domanda di verità da parte dei cittadini ha sostenuto l’impegno e la dedizione di uomini delle Istituzioni, consentendo di ricomporre il criminale disegno e le responsabilità.
Verità e democrazia hanno un legame etico inscindibile.
Aver ricostruito la propria storia, anche laddove essa è più dolorosa, è stata condizione per trasmettere il testimone alle generazioni più giovani, a cui tocca ora proseguire il percorso di civiltà aperto dai nostri padri nella lotta di Liberazione e nella Costituzione, così il capo dello Stato, Sergio Mattarella, nella dichiarazione ufficiale.