Quel che resta come patrimonio comune della Resistenza è la lotta popolare per la libertà. E’ un fatto storico che resterà nella storia d’Italia. Emilio Gentile, oggi su IlSole24ore, riprende Federico Chabod partigiano e storico, per raccontare ancora una volta quegli eventi.
Una minoranza di volontari, uomini e donne, civili e militari, vecchi e giovani e di diversi ceti sociali, appartenenti a partiti diversi oppure a nessun partito disposti a sacrificare la vita per la libertà. Da oltre un quarto di secolo i partiti del 25 aprile sono scomparsi, ricorda Gentile. Nuovi partiti sono sorti senza radici nella Resistenza indifferenti o polemici verso la festa della Liberazione legittimati a governare dal consenso degli elettori o del Parlamento. La democrazia nata dalla Liberazione ha vissuto molte traversie, in 76 anni, riuscirà a mantenersi vitale con la costante realizzazione dei principi e degli ideali della Costituzione.
Emilio Gentile, storico del fascismo, allievo di Renzo De Felice, una delle voci più lucide, capace della giusta distanza dagli eventi, racconta il 25 aprile e la storia.
Non fu la Resistenza da sola a sconfiggere definitivamente il fascismo. Mai ci sarebbe riuscita senza le forze alleate ma il suo contributo fu importante e riconosciuto anche dagli alleati. Grazie al 25 aprile, all’Italia è stato evitato il destino tragico della Germania, spiegò qualche tempo fa in un’intervista, sottolineando però la forte divisione nell’antifascismo quasi da guerra civile: comunisti da una parte, partiti antifascisti non comunisti dall’altra, socialisti compresi. Dal ’24 al ’34, per i comunisti i partiti antifascisti non comunisti erano fascisti o semi fascisti. Per Togliatti era fascista pure Carlo Rosselli, fondatore di Giustizia e Libertà. Poi dal ’34 vi furono rapporti di collaborazione, anche se durante la Resistenza ci furono forti contrasti sul modo di combattere tedeschi e fascisti e su come ricostruire politicamente e socialmente la nuova Italia, basandosi sulle forze partigiane o su tutte le forze politiche. C’era antagonismo sulla concezione dello Stato e della società. L’unità antifascista resse fino al varo della Costituzione.
Dopodiché prevalsero le divisioni, le lacerazioni e i conflitti scaricati nella nuova geografia internazionale a blocchi, la contrapposizione tra le forze democratiche e liberali alleate degli Usa e delle democrazie occidentali e quelle che si richiamavano al comunismo sovietico negando che fosse un regime totalitario a partito unico.
Nel frattempo la ricerca storica ha infranto il silenzio sugli eccidi commessi dai partigiani, o sedicenti tali, non solo contro i veri o presunti fascisti ma contro gli stessi antifascisti.
L’Unità non c’è mai stata in Italia neanche nel giorno dell’Unità d’Italia, il 17 marzo 1861, prosegue Gentile, le nostre feste nazionali non hanno mai generato consenso intorno alle istituzioni ma tutti se ne avvalgono per fare politica dal 25 aprile al 2 giugno. Di certo senza quel 25 aprile non staremmo qui a discutere o a polemizzare sul significato del 25 aprile.
Il fascismo è trapassato nella storia, conclude lo storico. L’antifascismo sopravvive invece nella Repubblica e nella Costituzione e non ha bisogno di paventare periodicamente un pericolo fascista, piuttosto deve realizzare tutti i principi fondamentali della Costituzione.
E qui l’analisi di Gentile attualizza i tempi. Dovremmo cominciare a guardarci seriamente intorno e riflettere sulle vecchie lacerazioni, sull’indifferenza e sul deserto politico/partitico che ci circonda, perché prima o poi ci seppellirà.