Sarà Procida la Capitale italiana della cultura 2022. L’Aquila, tra le dieci finaliste, non ce l’ha fatta. E’ stata comunque tra le finaliste su 44 città candidate, un risultato che non avremmo osato neanche immaginare qualche anno fa, quando nel 2015, L’Aquila non si candidò a Capitale italiana della cultura. Non fece proprio la domanda. E quindi giù a rimuginare tra le mura urbiche sui perché e sui percome, fatto sta che la domanda non la presentammo proprio. E male andò pure con la candidatura a Capitale europea della Cultura 2019, quando il capoluogo di Regione non passò nemmeno il primo turno, non fummo presi in considerazione.
E’ verissimo, d’altra parte, che contano parecchio le congiunture politiche e le dinamiche regionali, per cui se un presidente conta parecchio, va da sé anche un titolo come questo, noi non siamo andati, ma ho francamente visto un buon lavoro e passi da gigante rispetto al passato.
La volontà e il coraggio di avere un respiro diverso che non dovesse essere necessariamente quello delle istituzioni culturali storiche, già finanziate dal Fus, Fondo unico per lo spettacolo, realtà dinamiche e all’avanguardia fino a quarant’anni fa e oggi prive, troppo spesso, di qualsivoglia passione artistica ma sempre in lotta per la sopravvivenza quindi per gli incarichi. Per la prima volta, queste istituzioni, sono state immaginate come realtà musicali imponenti, rappresentative del mondo della classica a livello planetario ed assolutamente invidiabili nei loro percorsi. Sono state talmente colte bene, in un immaginario culturale possibile, da sembrare davvero belle realtà vive.
Speriamo quindi che la botta di freschezza di questa candidatura dia loro lo slancio per togliersi quelle brutte incrostazioni di dosso.
E comunque il respiro del lavoro proposto voleva essere più che nazionale. E lo abbiamo colto. Ci è piaciuto. Forse a pochi, forse ai tanti che non lo ammetteranno mai, la volontà di andare oltre l’abbiamo percepita.
L’illuminazione delle facciate delle Anime Sante e di Collemaggio è piaciuta/non è piaciuta è stato fatto un lavoro, nessuna improvvisazione.
L’Aquila è stata raccontata ogni giorno con la letteratura, segnando le strade con versi poetici, fosse anche quelli di Ezra Pound, è stato un passaggio intellettualmente valido e rispettabile, sicuramente capace di volgere lo sguardo oltre, capace di rischiare di rinunciare alla luminarie natalizie, per sostenere una candidatura tra le altre nove città selezionate nel bel Paese e nel bel Paese si è parlato dell’Aquila come finalista per il 2022.
Quel segno tipo fulmine non è fulmine, è ferita, crepa, terremoto, e voglia di vedere la luce oltre quel buio attraverso le centinaia di testimonianze, che ogni giorno hanno accompagnato la candidatura con i giovani, la musica, lo sport, la Perdonanza, le donne scienziate, le nostre eccellenze, le nostre aspirazioni, le nostre attese, ed ancora vertici di enti, istituzioni e associazioni schierati nella corsa, questa è storia, e la volontà profonda di ricominciare e di ricominciare a far parlare dell’Aquila come città che rinasce e non più come città distrutta.
Buone intuizioni, che comunque ci hanno portato lontano.
Parma, con Pizzarotti, ci ha provato un paio di volte prima di portare a casa il risultato.
L’Aquila, con Biondi, ha trovato una luce anche nei meeting delle Città creative con Fabriano, un circuito di economia culturale innovativo sicuramente da ingaggiare, da non perdere.
Bisognerebbe continuare a crederci lasciando dietro le zavorre che ci schiacciano verso il basso, recidendo ogni inutile legaccio per cominciare a ricostruire, con questo innegabile squarcio di luce, un’immagine di città di cultura.