In Italia, l’elevato tasso di processi per violenza domestica si risolve troppo spesso con un non luogo a procedere. E’ quanto ha osservato il Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa, dopo aver esaminato le informazioni fornite sul caso Talpis, quando nel 2017 la Corte europea dei diritti umani condannò l’Italia, per non aver agito con sufficiente rapidità per proteggere una donna e suo figlio dagli atti di violenza domestica del marito, che portarono all’assassinio del ragazzo e al tentato omicidio della moglie.
La Corte stabilì che l’Italia avrebbe dovuto pagare alla vittima 30mila euro per danni non pecuniari e 10mila euro a titolo di rimborso delle spese affrontate. E’ stata la prima condanna della Corte europea dei diritti umani dell’Italia, per un reato relativo al fenomeno della violenza domestica.
I giudici di Strasburgo stabilirono che, nonostante le ripetute denunce della signora Talpis, le autorità non presero le misure necessarie per proteggerla dalla violenza del marito e che questo aveva favorito un aumento dell’aggressività sfociato nel tentato omicidio della donna e nell’omicidio del figlio adottivo.
La Corte d’Assise d’Appello di Venezia mitigò poi a 20 anni di reclusione, la pena ad Andrei Talpis, l’assenza del legame di sangue, secondo i giudici, eliminava l’aggravante che aveva portato alla condanna all’ergastolo in Cassazione. La pena fu quindi diminuita nonostante gli appelli della difesa contro una disparità di trattamento tra figli naturali e figli adottivi.
Dunque il Comitato dei ministri della Corte di Strasburgo, pur esprimendo soddisfazione per gli sforzi continui delle autorità italiane, che dimostrano la volontà di prevenire e combattere la violenza domestica e la discriminazione di genere, ha chiesto al Governo di attuare una serie di misure e fornire entro marzo prossimo informazioni su quanto fatto ma anche dati.
In particolare Strasburgo chiede che l’Italia crei rapidamente un sistema completo di raccolta dati sugli ordini di protezione e fornisca anche statistiche sul numero di domande ricevute, i tempi medi di risposta delle autorità, il numero di ordini effettivamente attuati. Il Governo dovrà fornire informazioni sulle misure prese, o che intende prendere, per garantire che le autorità competenti attuino una valutazione e gestione adeguata ed effettiva dei rischi legati al ripetersi e aggravarsi degli atti di violenza domestica e quindi dei bisogni di protezione delle vittime.
Nella Giornata mondiale contro la violenza sulle donne, credo siano fondamentali i fatti, le risposte, le risorse, i sostegni ai centri antiviolenza e all’occupazione, all’indipendenza economica, alla pari dignità di trattamento economico/lavorativo, al medesimo diritto di accesso alle carriere pubbliche e private, alle cariche più importanti, a nuovi linguaggi, così ancora troppo offensivi nella vita, nelle pubblicità che la raccontano e cruenti sui social, anche tra donne, soprattutto tra donne, raramente complici, alleate e amiche.