Cattedrale di San Massimo e Santa Maria Paganica, due luoghi sacri tra i simboli della città dell’Aquila che a dieci anni dal sisma svettano spettrali a ricordare a tutti noi i nostri limiti.
Per queste chiese la Curia commissionò i progetti a dei tecnici privati, come fossero beni propri ed in effetti lo sono, ma lo Stato impose gare pubbliche per cui ad un certo punto la Curia si ritrovò parcelle salate da pagare per gli incarichi progettuali e davanti gli anni lunghi dell’appalto pubblico con cui avrebbero dovuto affidare anche le progettazioni.
Intervenne quindi lo Stato a dire vabbé, per i progetti già fatti facciamo finta che l’incarico lo ha dato il pubblico ed andiamo avanti, ma l’intoppo non s’è risolto, San Massimo ha avuto gli ultimi puntellamenti qualche mese fa, tanto cade a pezzi e si sbriciola con Santa Maria Paganica, spettrali ed abbandonate da tutti, senza che si sappia ancora la verità vera sul perché è ancora tutto fermo.
C’è un parere chiesto all’Avvocatura dello Stato dalla Sovrintendenza unica tre anni fa, febbraio 2016, dal quale si percepisce benissimo che la Sovrintendenza non se l’è sentita di andare avanti speditamente perché quei progetti erano milionari, c’era già stata la deroga al Codice degli Appalti con una norma definita speciale, per cui progetti affidati a privati per interventi pubblici sarebbero diventati pubblici in via eccezionale, il ricorso ai privati è possibile solo se il pubblico non ha quelle competenze all’interno, vista l’urgenza di fare presto e restituire le chiese ai cittadini.
L’Avvocatura gli ha imposto la deroga solo per i progetti depositati entro il 15 agosto 2015, con l’obbligo in capo alla Sovrintendenza, di riconoscere compensi ai progettisti nella sola misura prevista dalla ricostruzione privata perché nessun rapporto giuridico s’è creato tra lo Stato ed i professionisti progettisti, autonomamente ed esclusivamente incaricati dalla Curia, tanto che l’Avvocatura precisa ulteriormente, i progetti li deve consegnare la Curia e non i privati.
Lo Stato ha voluto avvantaggiare gli interessi della comunità, ma non può favorire quelli della Curia, si legge nel parere.
Quindi la Sovrintendenza unica avrebbe potuto pagare compensi solo come fossero della ricostruzione privata, la differenza e l’eventuale revisione dei progetti sarebbero state a carico della Curia, precisa ancora l’avvocato distrettuale Filippo Patella, una mera contribuzione e non l’accollo di una parcella salatissima, con l’esclusiva competenza della Sovrintendenza a decidere la strada da prendere.
Come pure sull’idoneità finanziaria dei progetti, anche qui la Vittorini ha cercato un ausilio, è demandata ed imposta alla Pubblica amministrazione che è chiamata a svolgere una sorta di indagine tecnico finanziaria per stabilire se il progetto sia effettivamente meritevole di essere, nell’interesse pubblico, acquisito. Proprio perché la Sovrintendenza ha avuto facoltà di acquisire i progetti affidati dalla Curia ma non l’obbligo.
I costi per la revisione dei progetti sarebbero stati a carico sempre della Curia, insiste l’Avvocatura, tuttavia non dandosi luogo ad un “nuovo” progetto le relative operazioni possono essere ancora svolte dal progettista “privato”, ciò non toglie che le revisioni possano essere affidate all’interno dalla Sovrintendenza, in tal caso, le modifiche dovranno avere il parere obbligatorio e non vincolante della Diocesi competente.
Un parere che ha soddisfatto anche i dubbi del primo dicembre 2015 del Segretario regionale supplente BCP Abruzzo, conclude Patella.
Da allora sono passati quattro anni e non solo non ci siamo mossi di un millimetro per la ricostruzione di quelle chiese e delle altre ma non sappiamo neanche le ragioni per cui la Vittorini era ed è ancora titubante, nulla si muove e la città continua a pagare con la rinascita.